Attenti a quella foto: rovina il gusto delle esperienze più entusiasmanti. Lo suggerisce uno studio, pubblicato su Psychology & Marketing, che ha stimato il diverso grado di apprezzamento di un’esperienza piacevole tra chi scatta fotografie e chi si astiene dal fotografare. «La ricerca della foto perfetta ci fa perdere di vista il fine delle esperienze edonistiche, vale a dire ciò che davvero ci gratifica: la natura intrinseca dell’esperienza stessa. E può contaminarne il ricordo: ci sono genitori che non ricordano bene la recita scolastica dei loro figli, e ricordano di più il loro lavoro di videocamera per riprendere i figli in quell’occasione» spiega Gia Nardini, docente di marketing al Daniels College of Business di Denver.
•Guardare o fotografare?
«Il problema è che in questi casi ci si pone una scelta: dobbiamo vivere pienamente questi momenti, o dobbiamo immortalarli? Non possiamo fare entrambe le cose». E questo è un dubbio che ormai ci assale sempre più spesso, visto che grazie agli smartphone abbiamo una macchina fotografica con noi in ogni momento, e siamo incoraggiati a scattare il più possibile dalla capienza delle memorie digitali, che ormai sono utili estensioni del nostro cervello. «Un effetto è che tendiamo a ricordare di meno le cose che abbiamo fotografato» spiega Nardini. «In uno studio del 2013 si è visto che se si chiede a un gruppo di persone in visita a un museo di fotografare 15 statue e di guardarne soltanto altre 15, il giorno dopo ad essere ricordate da più persone sono le 15 statue non fotografate».
•Gli esperimenti: meduse e serpenti
Per verificare la sua ipotesi, Gia Nardini ha condotto tre esperimenti. Nel primo, è stato mostrato a 152 studenti un video di dieci minuti con riprese spettacolari di meduse e serpenti, giudicato come “molto piacevole” dalla maggioranza degli studenti. A metà degli studenti è stato detto di guardare semplicemente il video, all’altra metà è stato chiesto di scattare fotografie dello schermo schiacciando un bottone. Il gradimento dell’esperienza complessiva per il primo gruppo è stato del 72,6%, e solo del 63,8% per il gruppo che ha scattato le foto.
•Fotografare per condividere o per ricordare
Nel secondo esperimento il compito era lo stesso ma i gruppi erano tre, perché il gruppo dei fotografi è stato diviso in due sottogruppi con diversi obiettivi: fotografare per condividere le foto oppure conservarle per sé. Il risultato è stato analogo al primo studio: chi non le ha scattate ha gradito di più l’esperienza (83%) rispetto a chi ha fotografato per condividere gli scatti (73%) o per serbarli come ricordo personale (76%).
«Questo effetto vale soltanto quando l’esperienza è classificabile come “molto piacevole”. Se invece l’esperienza è soltanto moderatamente piacevole, allora mettersi a fotografare non ne compromette il godimento» spiega Nardini. «Ce lo ha confermato un terzo esperimento, dove abbiamo mostrato un filmato meno spettacolare del primo».
Le ragioni dell’effetto suggerito dallo studio possono essere molteplici. «Se pensiamo al coinvolgimento, scattare foto lo affievolisce, perché abbiamo l’impressione che poi, a casa, potremo rivivere l’esperienza del momento guardando le fotografie» osserva la ricercatrice. «E’ una sensazione analoga a quella degli studenti che, se registrano le lezioni, non prestano molta attenzione alle parole dei professori perché sanno che potranno riascoltarle».
•Colpa (anche) delle distrazioni da smartphone
Ma scattare fotografie durante un’esperienza gradevole può ridurre l’attenzione che dedichiamo all’esperienza anche per altri motivi: «Ad esempio perché il semplice atto di estrarre il cellulare ci dà l’occasione di controllare i messaggi ricevuti, o di mandarne, e quindi ci distoglie dal momento» spiega Nardini. «Star della musica come Beyoncé e Adele devono aver intuito questo fenomeno, perché agli spettatori dei loro concerti americani è chiesto di riporre i cellulari in una custodia “smart” studiata dalla startup Yondr, che rimane chiusa per tutto il concerto e si può sbloccare solo presso appositi totem all’uscita». Una categoria di persone per cui l’effetto descritto in questo studio potrebbe non valere è quella dei narcisisti: «Per loro scattare una foto da sfoggiare sui social network è un motivo di piacere in più, indipendentemente dalla qualità dell’esperienza che stanno vivendo» chiosa Nardini.
Giuliano Aluffi, Repubblica.it