Gli esperti di PwC hanno scoperto un modo per sostituire le mascherine informative del motore di ricerca con qualunque altro contenuto
Per creare una bufala sul web è sufficiente aggiungere due parametri agli indirizzi di ricerca di Google. Gli esperti di cyber security della società informatica PwC hanno scoperto un modo per sostituire le mascherine informative generate dal motore di ricerca – nelle quali si riassumono nozioni essenziali che potrebbero interessare l’utente – con qualunque altro contenuto, inducendo chi le vede a credere che il risultato sia autentico. Questo problema di configurazione, legato al modo in cui Google compone una pagina di ricerca, può essere utilizzato da un utente malintenzionato per diffondere o rafforzare una falsa informazione, semplicemente condividendo il link modificato.In un esempio creato da La Stampa , si chiede a Google chi sia il chitarrista dei Beatles, forzando il motore di ricerca a dare come risposta “Theresa May”, in luogo del più musicalmente talentuoso George Harrison. Come ricostruito dal ricercatore di PwC, Wietze Beukema, per realizzare questo tipo di falsi è sufficiente individuare il segmento di indirizzo che identifica la mascherina informativa e aggiungerlo a quello di una ricerca genuina. Condiviso sui social network o per messaggi, l’indirizzo sarà tanto efficace quante saranno le persone che lo vedono e prendono per vera l’informazione.Secondo uno studio realizzato da Doxa all’inizio del 2018, il 50 per cento degli italiani ammette di avere creduto ad almeno una notizia falsa nell’arco dell’ultimo anno. Il 13 per cento ha invece ammesso di averne prese per vere più di cinque.«Il punto è che questo permette di indurre gli altri a credere che qualcosa sia vero – precisa Beukema nella sua ricerca -. Dopo tutto, è un legittimo link di Google Search e poiché siamo stati addestrati a fidarci delle risposte fornite da Google, dev’esserci un po’ di verità in esso, giusto?».Il ricercatore sostiene di aver segnalato il problema a Google «oltre un anno fa», vedendoselo derubricato in quanto non sufficientemente critico. Eppure questa vulnerabilità potrebbe essere utilizzata, come in un esempio realizzato da Zdnet, per attribuire falsamente all’ebraismo la responsabilità del crollo delle Torri Gemelle. Beukema ha suggerito a Google quantomeno la disabilitazione del parametro che porta il pannello informativo in posizione centrale e isolata dagli altri risultati di ricerca. Anche se sarebbe meglio, precisa, che le schede venissero completamente disabilitate, in attesa di una soluzione migliore.
Raffaele Angius, lastampa.it