Cauto ottimismo del ministro Calenda: «Le distanze non sono poi così lontane». E di Area Dem: «I numeri non sono più così schiacciati a favore di Renzi»
La sfida dei «ribelli», Martina e i suoi (ma potrebbero non avere i numeri per prevalere) che hanno aperto al confronto con i 5 Stelle per valutare l’opzione di un governo, mentre Matteo Renzi dice «No», è partita alle 15 alla direzione dei dem al Nazareno. «Credo che le distanze non siano così incolmabili. Nessuno mette in discussione il lavoro e il ruolo di Martina. Pochissimi per fortuna vogliono un sostegno del Pd a un governo Di Maio. Difficile sostenere che Renzi non abbia diritto a dire la sua. Sdrammatizzare», twitta il ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, provando a stemperare la tensione, che però resta altissima all’interno del Partito Democratico.
Il presidente Mattarella ha convocato nuove consultazioni per lunedì prossimo. È irrinunciabile a questo punto, si apprende, un voto che riaffermi la fiducia al segretario reggente Martina. È questa la linea che emerge al termine di una riunione di Area Dem. I 26 membri della direzione che fanno capo a Dario Franceschini si sono incontrati alla Camera, presenti anche una trentina di parlamentari di Area Dem che si trovavano a Roma. La riunione è stata aperta da Marina Sereni e sono intervenuti, tra gli altri, Franceschini e Piero Fassino. I numeri in direzione – osservano fonti franceschiniane al termine dell’incontro – si sono completamente riequilibrati e non sono più così schiaccianti a favore di Renzi, nonostante 40 tra i componenti, inclusi i Millennials, siano stati nominati direttamente dall’ex segretario. Anche alla luce di questi numeri, l’intenzione è dunque andare fino in fondo sul ruolo di Martina: se ci fosse una spaccatura nel Pd sul ruolo del reggente in un momento cruciale della legislatura, la responsabilità – notano da Area Dem – sarebbe di Matteo Renzi.
Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, esprime il suo auspicio: «Quella di oggi è una direzione delicatissima del Pd. Spero non ci sia una scissione nel partito, ma è importante capire cosa succederà».
La Stampa