Da raddoppiare le somme ai fornitori: la soglia minima al 50%. Dopo i pesanti rilievi al piano, mossi dal tribunale fallimentare, l’azienda e il Campidoglio corrono ai ripari. Per le modifiche al documento c’è tempo fino al 30 maggio
Più soldi ai creditori. Tra le bacchettate arrivate dal tribunale sul concordato preventivo ce n’è una che potrebbe costringere Atac e Campidoglio a riscrivere il piano daccapo, e stavolta in soli due mesi. Si tratta della prima tranche del saldo del maxi debito (1,3 miliardi di euro) che i consulenti dell’azienda capitolina avevano indicato nel 30 per cento della cifra da destinare ai creditori chirografari. Secondo i giudici fallimentari la somma del primo rimborso sarebbe troppo esigua e va più o meno raddoppiata: i creditori dovranno essere rimborsati con una percentuale oltre il 50% (56,5% era il dato che circolava ieri in azienda), ovvero quasi il doppio dei soldi preventivati dai consulenti di Atac.
La prima proposta del piano, rimandata al mittente dal tribunale con numerosi rilievi, prevedeva un terzo del debito da versare fin da subito entro il termine dei quattro anni della procedura, un altro 30% da liquidare in obbligazioni spalmato su sette-otto anni di rate, più un 40% in titoli e azioni o in forma di compartecipazione ai ricavi per la vendita dei biglietti. Con la nuova richiesta dei giudici ci sarebbe, insomma, da lavorare sul piano industriale alla ricerca di un nuovo punto di equilibrio tra creditori, visto che anche il Campidoglio, azionista unico il cui saldo— 470 milioni —è postergato (in più ci sono 90 milioni di crediti vantati da altre partecipate del Comune: Multiservizi, Acea e Ama) rientra nella categoria.Il nodo della (nuova) soglia minima a più del 50% è stato affrontato ieri in una doppia riunione in Campidoglio e nel quartier generale Atac. Mentre Raggi parlava con gli assessori Meleo (Mobilità) e Lemmetti (Bilancio), l’ad di Atac Paolo Simioni proseguiva in via Prenestina nella riunione (tenuta anche di domenica) con i dirigenti dell’azienda e i consulenti del concordato per cercare di capovolgere il parere di «non idoneità» arrivato dai giudici fallimentari. In particolare è stato ribadito i costo dei consulenti (oltre 12 milioni) e contestato il lavoro del commercialista attestatore, Marco Costantini, e dell’advisor immobilare, la Reag (Real Estate Advisory Group). Si è parlato anche dei 55 milioni versati da Atac alle banche (tra cui Bnl) prima che il concordato arrivasse in tribunale: «Rimborsi avvenuti con meccanismi previsti nei contratti stipulati negli anni precedenti», ha precisato Atac. L’azienda, intanto, ha confermato il licenziamento di un autista sorpreso, in un giorno di assenza dal lavoro per congedo parentale, a guidare un bus di un’altra società: ieri la Cassazione ha rigettato il ricorso del dipendente contro la decisione della Corte d’appello di dichiarare legittima la sua destituzione dal servizio.
Andrea Arzilli e Maria Egizia Fiaschetti, il Corriere