Le lacrime di Wanda e Maurito, poi “Spalletti dimettiti” è l’urlo rauco che esce dalla pancia, a eliminazione avvenuta. Lo grida chi esce dallo stadio, le sciarpe dell’Inter stritolate tra le mani livide di freddo, e lo digitano furenti, anche se al calduccio, quelli che allo stadio non vanno mai, ma di questi tempi fanno assai testo, visto che quella dei social è la vera massa di clientes cui si rivolgono i club. L’Inter è fuori dalla Champions, Maurito Icardi il suo l’ha fatto, ha giocato una grande gara da capitano e da centravanti, alla fine era il più incavolato di tutti, la moglie in tribuna ha pianto lacrime di rabbia. Quindi si carica sull’altro bersaglio grosso, l’allenatore.
Persino logico, il calcio va così da sempre. Spalletti ha le sue responsabilità e ne risponderà, l’ha detto anche a ceneri della delusione ancora calde: “Io sono il responsabile in prima persona, soprattutto quando si perde”. E l’Inter ha perso, col pareggio contro il Psv, oltre all’obiettivo degli ottavi di Champions League, anche una discreta quantità di denaro: i 9.5 milioni che avrebbe garantito la qualificazione, i circa 5 dell’incasso per l’ottavo di finale, e a pure gli 1,8 milioni in più che avrebbe guadagnato battendo il Psv (il premio per i 3 punti è 2.7 milioni, per il pareggio 900mila euro).Anche se si potrà recuperare qualcosa provando ad andare avanti in Europa League, per ora è un bagno da oltre 15 milioni. Ma è ovvio che chiedere le dimissioni di Spalletti o la gogna pubblica sia ingeneroso e ingiusto, fa parte dello sfogo a caldo dei tifosi, ma non è quello a cui si deve tendere.
Mettiamola così. Luciano Spalletti in questi mesi ha avuto la sventura di perdere parecchie scommesse, o di puntare sui cavalli sbagliati, e anche per questo all’inizio di dicembre è già sulla graticola, non esente da colpe. L’ultima l’ha persa alla vigilia della sfida decisiva in Champions: “Se dobbiamo temere la partita di Barcellona? Ma per carità, loro sono gente seria”. Scommessa sbagliata: il Barça si è presentato al Tottenham con la squadra imbottita di ragazzi, e con 6 titolari inamovibili in panchina, Messi compreso, e infatti al di là dell’1-1 finale il portiere dei catalani, Cillessen, è stato il migliore in campo.
Andando a ritroso, Spalletti ha poi perso la scommessa su Candreva: ripescato dopo un lungo periodo di panchine, l’ex azzurro ha fallito. Poi c’è la colossale scommessa persa su Radja Nainggolan: Spalletti l’ha voluto disperatamente per poter fare il salto di qualità, ma il belga è annegato in un tunnel di infortuni e ricadute che va avanti da luglio, non è mai stato lui, nel momento del bisogno non c’era proprio. L’altra scommessa persa riguarda Ivan Perisic, trattenuto in ogni modo pur di non farlo scappare a Manchester: è finita che il croato non ne può più di stare all’Inter, ci sta di malavoglia e non si perita di nasconderlo a nessuno, è un altro uomo in meno di questi primi mesi di stagione.
Poi Spalletti non ha avuto fortuna con l’incidente muscolare che lo ha privato di Matias Vecino nel momento più importante, né l’ha avuta con Asamoah, l’ex juventino che finora non si era mal comportato, ma ha commesso due errori capitali proprio contro Juventus e Psv, cioè quando proprio non doveva sbagliare. Nel frattempo, da un mese in qua, il livello delle prestazioni dell’Inter è via via calato, non a caso è arrivata una sola vittoria in sette partite, e contro il Frosinone, il che è tutto dire. Non è riuscita nemmeno a battere la Roma di questi tempi, sbadata e slabbrata, imbottita di riserve nella sfida dell’Olimpico di dieci giorni fa. C’erano molti segnali di calo, forse sono stati sottovalutati. C’è stata troppa prudenza tattica di fondo, troppa tendenza a conservare e a non osare, troppo risparmio su attaccanti come Keita e Lautaro Martinez, che hanno sempre la mordacchia, scalpitano ma entrano solo a partita inoltrata, perché prima bisogna partire prudente, accorti, allineati e coperti.
Che poi è stato l’errore capitale di Londra, la partita che ha deciso l’uscita dalla Champions prima di Inter-Psv: pensare troppo al pareggio, quella sera, e invece poi perdere 1-0, fu un errore, pagato a carissimo prezzo. Al tutto si aggiunga una gestione degli eventi, degli umori, della piazza e della stampa, sempre troppo a tinte fosche da parte di Spalletti, uomo tendente al malumore come pochi, alla negatività, alla sindrome da accerchiamento. Via via l’Inter ha perso serenità e nervi distesi, è uscita anche di condizione atletica, non ha più fatto risultati, ed è andata incontro quasi senza accorgersene a un’eliminazione dolorosa, visto che aveva iniziato il girone di Champions con due vittorie, per poi ottenere due soli punti nelle successive quattro partite. Un fallimento che è tutto su Spalletti, e delle sue scommesse sbagliate.
Ora ci saranno giorni tesi, prima di Inter-Udinese. Sarà dura ripartire di slancio. Inizieranno le voci e i nomi sul futuro della panchina dell’Inter, perché adesso si insedia Beppe Marotta e si comincerà senz’altro a parlare di futuro, e il futuro secondo alcuni sarebbe Antonio Conte. Discorso ovviamente prematuro, certo Spalletti non rischia la panchina adesso, semmai se ne parlerà a fine stagione. Ora meglio tuffarsi nel campionato ed evitare altre distrazioni, altri crolli, anche se la prova col Psv non sembra invitare a pensieri soavi per il futuro. Ma in un campionato in cui il massimo dell’obiettivo sembra per tutti arrivare quarti, l’Inter può e deve recitare un ruolo di primo piano. Lo impone la logica, lo vuole il pubblico, lo pretende la dirigenza del club. Tutti avvisati.
Andrea Sorrentino, Repubblica.it