Echo, l’altoparlante smart di Amazon arriva in Italia

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E’ stato il primo nel suo genere. Lanciato nel 2014, esce adesso nel nostro Paese con altri modelli della stessa famiglia. Si gestiscono con i comandi vocali in italiano, hanno una buona qualità sonora e prezzi bassi, ma i limiti sono ancora tanti

“Volevamo ricreare il computer di Star Trek, una macchina così sofisticata da capire quando le si parla”. Così Rafat Kuklinski, a capo dei laboratori di ricerca di Amazon in Polonia che si occupano delle tecnologie per il riconoscimento vocale da parte delle macchine. A Londra Kuklinski lo hanno chiamato per raccontare ai giornalisti europei quanto sia difficile addestrare un assistente virtuale come Alexa, l’anima degli altoparlanti Echo che la multinazionale americana sta lanciando anche in Italia. “Provate ad immaginare quanto è facile per noi, secondo il contesto della frase, capire se ci si riferisce alla Cambridge inglese o a quella americana”, prosegue. “Molte cose che diamo per scontate, per una macchina sono invece complesse”.
Gli esempi fatti da Kuklinski sono esattamente gli stessi che Google e Microsoft ripetono fin dal 2012, quando presero a citare in eventi pubblici Star Trek per spiegare l’idea di un motore di ricerca e di un traduttore di nuova generazione. Ma si vede che ad Amazon non se ne sono accorti. Al di là di passi falsi in materia di comunicazione, la buona notizia è che il colosso del commercio elettronico ha messo in vendita da noi la sua linea di altoparlanti smart a prezzi molto vantaggiosi. Dal piccolo Echo Dot acquistabile a 36 euro invece di 60, all’Echo Plus proposto a 90 euro invece di 150. Tutti già ordinabili e in consegna dal 30 ottobre.

•LA QUALITA’ AUDIO
Alla prova di fatti sono i migliori in circolazione, oltre ad essere fra i meno costosi. In particolare il modello medio, l’Echo di seconda generazione: suona bene per il suo prezzo, suona meglio di tanti modelli analoghi venduti dai concorrenti spesso ben più cari. E’ anche possibile aggiungere un subwoofer per i bassi e un secondo Echo per diffondere la musica in un’altra stanza o avere un sistema audio stereo a tutti gli effetti, anche se siamo distanti da una qualità hi-fi degna di questo nome

•LA CASA CONNESSA
Ma il punto non è tanto la qualità audio ai tempi dello streaming, quanto il poter dialogare in italiano con un dispositivo connesso al web capace di darci le previsioni del tempo, impostare la sveglia, chiedere informazioni di vario genere raccolte su internet, gestire apparecchi connessi come lampadine e termostati, sfogliare i brani di Spotify, ascoltare la radio o le ultime notizie. E fra queste ci sono anche Repubblica e Radio Dj, assieme a Sky Tg 24 che è impostato di default (le testate vanno scelte fra le cosiddette “skill” dall’app Alexa, senza la quale gli Echo non funzionano).

•I COMANDI VOCALI E LA PRONUNCIA ‘DEBOLE’
Insomma, basta pronunciare il nome “Alexa” per avere il mondo digitale pronto ad eseguire ogni comando vocale. O quasi. L’assistente virtuale di Amazon se la cava nel capire fonemi e parole, e in assoluto si sta diffondendo con molta rapidità surclassando gli altri. Ma come i suoi simili fatti da Google, Apple o Microsoft, ha capacità circoscritte: il paragone con il computer di Star Trek è fuorviante. A volte non trova un brano che abbiamo nella libreria, altre volte fraintende la richiesta, altre ancora non la capisce e cade nel mutismo, oppure non è in grado di afferrare una buna pronuncia con un buon accento inglese perché l’hanno addestrata solo con quella italianizzata.

•GLI ASSISTENTI DEL FUTURO
“Prima di arrivare ad un computer che davvero comprenda le nostre intenzioni ci vorranno decenni”, ammette Neil Lawrence, direttore della divisione machine learning di Amazon. “E per quanto gli assistenti personali possano migliorare, oggi hanno dei limiti”. Dunque, per evitare delusioni, meglio trattare gli Echo come radio sveglie evolute: comode, divertenti, a tratti utili e che all’occorrenza possono anche funzionare da interfono con altri dispositivi della stessa famiglia messi in una stanza diversa o in un’altra casa.

Jaime D’Alessandro, Repubblica