Tre cervelli umani connessi a distanza sono riusciti a giocare a un videogioco simile a Tetris. E grazie ad internet i risultati si potrebbero replicare in qualunque luogo della Terra, formando una sorta di “social network” globale di cervelli
Non si può ancora parlare di telepatia, ma certo gli assomiglia molto: tre cervelli che collaborano a distanza, senza parlarsi o comunicare in alcun modo convenzionale, per giocare a qualcosa di simile a Tetris. È quanto realizzato da un team di ricercatori dell’Università di Washington di cui fa parte anche l’italiano Andrea Stocco, che in passato aveva già fatto parlare di sé realizzando il primo collegamento a distanza, non invasivo, tra due cervelli. Questa volta, comunque, Stocco e colleghi sono andati ben oltre, mettendo in comunicazione non due ma tre persone, per creare qualcosa di simile al primo ‘social network‘ di cervelli del mondo.
LO STUDIO
La nuova ricerca per ora è stata depositata nel server di pre-print Arxiv, e prende le mosse dalle scoperte effettuate dai ricercatori dell’Università di Washington negli anni precedenti. Nel 2013 infatti erano stati loro a realizzare il primo collegamento diretto, e non invasivo, tra cervelli umani. E nel 2015 erano riusciti a mettere in collegamento due cervelli per permettere a un volontario di indovinare quale oggetto stesse guardando un secondo. Come? Alla base della loro tecnica ci sono due apparecchi usati di frequente in medicina, e nelle neuroscienze: una macchina che registra l’elettroencefalogramma (o Eeg), cioè un tracciato dell’attività elettrica del cervello; e un dispositivo per la stimolazione magnetica transcranica, che permette di attivare specifiche porzioni del cervello dall’esterno della scatola cranica attraverso un impulso elettromagnetico.
L’ESPERIMENTO
Con il primo apparecchio è possibile registrare i cambiamenti nell’attività elettrica del cervello, e inviare le informazioni a una seconda persona. Importante, in questo senso, è il fatto che si può modificare con facilità l’attività del cervello: concentrandosi su una luce che lampeggia con una frequenza di 15 hertz, il cervello tende a sincronizzarsi, e spostando l’attenzione su una da 17 hertz il cervello farà lo stesso. Con la stimolazione magnetica, invece, è possibile trasmettere messaggi al cervello, in particolare sotto forma di fosfeni: lampi di luce che appaiono nel campo visivo quando si concentra l’impulso elettromagnetico dell’apparecchio nella zona occipitale della corteccia.
LAMPI E AZIONI
Con questo armamentario, i ricercatori hanno inventato un modo per mettere in contatto due cervelli. Un primo volontario concentra l’attenzione su una delle due luci dell’esempio precedente (a 15 o 17 hertz), l’Eeg viene decodificato e l’informazione trasmessa a una seconda persona, il ricevente. A questo punto l’informazione è tradotta in un impulso magnetico, che produce un numero variabile di fosfeni nel suo campo visivo, e permette di trasmettere brevi messaggi stabilendo per convenzione una sorta di alfabeto morse rudimentale: un lampo sì, due lampi no, o qualcosa di simile.
DUE TRASMETTITORI E UN RICEVENTE
Questo il sistema utilizzato anche in passato, ma nel nuovo studio Stocco e colleghi sono andati ben oltre, mettendo in comunicazione non due ma tre cervelli contemporaneamente. E utilizzando un design sperimentale che – assicurano – può facilmente essere adattato per includere un numero molto maggiore di partecipanti. Nello studio, due persone hanno svolto il ruolo di trasmettitori, e una quello del ricevente. L’esperimento prevedeva di giocare a un videogioco simile al tetris, in cui un pezzo di forma variabile cade dall’alto dello schermo, e il giocatore deve decidere se e come farlo ruotare per incastrarsi nei pezzi già presenti nel campo di gioco.
UN TETRIS PER TRE
I due trasmettitori avevano a disposizione una visuale dell’intero campo da gioco, e potevano quindi prevedere la mossa giusta per far incastrare ogni pezzo a dovere. Mentre il ricevente, incaricato di muovere i pezzi, vedeva solamente la parte alta dello schermo, e non poteva quindi sapere quale fosse la mossa giusta. Tutti i partecipanti, inoltre, erano posti in stanze diverse e non potevano quindi comunicare in alcun modo, se non attraverso l’interfaccia cervello-cervello. Guardando un led con frequenza 15 hertz inviavano al ricevente l’informazione “non ruotare il pezzo”, che a lui appariva come assenza di fosfeni, mentre guardando quello da 17 hertz lo invitavano a “ruotare il pezzo”, attraverso la comparsa di un singolo fosfene. Dopo aver ricevuto le indicazioni di entrambi i due trasmettitori, il ricevitore doveva scegliere come muovere il pezzo, utilizzando a sua volta l’Eeg per effettuare la mossa (concentrandosi cioè su uno tra due led a frequenze differenti).
LA MOSSA GIUSTA
Risultati alla mano, i ricercatori hanno dimostrato che in questo modo i tre partecipanti riuscivano a effettuare la mossa giusta con una precisione dell’81% circa. Ma soprattutto, anche manomettendo il segnale il ricevente è risultato in grado di effettuare la mossa giusta dopo poche mani di allenamento, imparando a riconoscere i messaggi affidabili basandosi unicamente sulle informazioni che raggiungevano il suo cervello attraverso la stimolazione magnetica.
I SEGRETI DEL CERVELLO UMANO
Dimostrata l’efficacia del loro protocollo, i ricercatori assicurano che nulla vieta di replicare i risultati a distanze molto maggiori, fino a creare una sorta di social network cerebrale in cui un numero qualsiasi di partecipanti collabora per risolvere un dato task. “Un simile sistema di comunicazione cervello-cervello basato sul cloud potrebbe dirigere la trasmissione di informazioni tra qualunque numero di dispositivi connessi al network, rendendo possibile la comunicazione tra cervelli su scala globale attraverso internet”, scrivono i ricercatori nello studio. “Realizzare una simile interfaccia cervello-cervello permetterebbe non soltanto di aprire nuove frontiere nella comunicazione e collaborazione tra esseri umani, ma ci fornirebbe anche una comprensione molto più profonda del funzionamento del cervello umano”.
Simone Valesini, La Repubblica