
Fiammetta Jori
(di Cesare Lanza per LaVerità) Scommettiamo che si può smitizzare la vacanza, con ironia, tra la nostalgia del passato e la realtà presente? E ciò che ha provato a dirci la poetessa Fiammetta Jori, con una sua riflessione, lucida e amara, su ieri e oggi. Ho chiesto ad alcuni amici di mandarmi un loro pensiero sull’impervio concetto della vacanza. Abbiamo pubblicato Corrado Calabrò e Alessandra Necci, oggi diamo spazio a una delle mie poetesse preferite. Ecco la sua divagazione. «Meravigliose gite in una Calabria intatta e selvaggia, dorati e indolenti giorni capresi, passeggiate sull’Oberland bernese, uno spaccato della swinging London o qualche dolce souvenir de Paris… Erano le vacanze di ieri. Ora per me il capitolo è chiuso e resta la parola vacanza, vocabolo ormai vuoto di senso, che mi evoca la fatica e l’orrore di arrembaggi all’ultima crociera, o estive transumanze, “bagaglio a mano”. Felice mi astengo, lasciando ad altri l’eldorado delle offerte last minute e le corse all’ultima spiaggia, dovunque essa sia. “Non andò mai alle Maldive”, la scritta che il grande Mario Monicelli avrebbe voluto sulla sua lapide e mi sembra invidiabilmente geniale. (Monicelli si suicidò a 95 anni, disgustato dall’Italia di oggi, buttandosi dal quinto piano dell’ospedale San Giovanni a Roma). Vorrei replicarla sulla mia, ma rispetto il copyright. Cercherò un mio verso, adatto all’eternità. La mia vacanza è quella del cuore, di giovanili memorie. Il vero viaggio umano è, credo, continuare a sperare, condividendo la gioia di questo cammino con chi vorrà restarci accanto. E con coloro che, amandoci, mai ci hanno lasciati. “Il più bello dei mari è quello che non navigammo” (Nazim Hikmet)».