Per quest’anno su Imu e Tasi finalmente un po’ di pace per i contribuenti proprietari di case: le regole sono invariate rispetto al 2017. Ma le trappole non mancano. Ecco a che cosa fare attenzione. A cominciare dalla scadenza del 18 giugno
Finalmente un po’ di pace sotto il tetto. Dopo anni di continue modifiche normative, almeno una buona notizia per i proprietari immobiliari. Le regole del gioco per Imu e Tasi sono rimaste invariate. Confermata anche l’esenzione completa per le abitazioni principali, quella dove si dimora e si ha la residenza anagrafica, escluse quelle di lusso e le altre agevolazioni previste come la riduzione al 50% per i comodati padre-figlio — ma sono previsti rigidi requisiti (vedi articolo sotto) — e la riduzione del 25% per gli immobili affittati a «canone concordato».
Inoltre, dato che l’acconto Imu e Tasi — scadenza quest’anno il 18 giugno, dato che il 16 cade di sabato — si paga in base alle aliquote e con le detrazioni del 2017, l’operazione è semplice. Bisogna tenere solo conto delle variazioni nella consistenza degli immobili intervenute nel corso di quest’anno, come ad esempio acquisti, vendite o successioni. Quindi, se non vi sono state variazioni nel corso del 2017 o del 2018, il contribuente può sommare l’Imu e la Tasi pagate complessivamente nel corso del 2017 e versare entro lunedì 18 giugno il 50% di tale importo, per ciascuna tipologia di immobili (vedi tabella con i codici tributo). Il conguaglio si farà il 17 dicembre, tenendo conto delle aliquote deliberate dal comune per il 2018. Anche per quest’anno, però, i comuni non potranno ritoccare all’insù le aliquote, nè ridurre le agevolazioni previste.
La scadenza, comunque, non va sottovalutata perché ci sono molti casi particolari, sempre difficili da risolvere. Vediamo di riepilogare le regole, che sono sostanzialmente simili per Imu e Tasi. In tutti gli articoli espliciteremo le eventuali differenze tra le due tasse gemelle, mentre le regole principali si applicano indifferentemente all’una e all’altra.
L’identikit
Devono versare l’Imu e la Tasi tutti i proprietari di immobili situati in Italia e tutti coloro che su di essi sono titolari di un diritto reale di godimento: come l’usufruttuario o chi ha un diritto d’abitazione (come il coniuge superstite sulla casa di famiglia, ma se l’abitazione non è classificata come di pregio è esente), di uso, enfiteusi e superficie. In caso di separazione, obbligato al versamento è l’ex coniuge affidatario della casa coniugale, anche se non proprietario, ma in genere ha l’esenzione se vi dimora abitualmente e risiede anagraficamente. Per gli immobili in multiproprietà, l’Imu e la Tasi vanno pagate dall’amministratore. L’imposta va versata anche dalle società per tutti gli immobili posseduti di qualsiasi categoria, anche se utilizzati nell’esercizio dell’attività, esclusi solo gli immobili-merce costruiti per la vendita e invenduti, purché non locati.
Nel caso di più comproprietari — o di più contitolari di un diritto reale — l’imposta è pagata da ciascuno in proporzione alla propria quota e con versamenti separati. L’esenzione per l’abitazione principale si applica solo a chi vi dimora e ha la residenza anagrafica (i due requisiti devono coesistere): gli altri comproprietari che non vi risiedono devono invece pagare l’Imu e la Tasi (se prevista dal Comune). Imu e Tasi si pagano sulla base dei mesi di possesso, per fare un mese bastano 15 giorni.
I beni colpiti
L’Imu e la Tasi non sono dovute sull’abitazione principale non di lusso e relative pertinenze come box, cantine, solai (una per categoria catastale). Sono considerati di lusso, anche se destinati ad abitazione principale, e quindi soggetti al prelievo i fabbricati accatastati come A1 (immobili signorili), A8 (ville) e A9 (castelli e palazzi). I due tributi colpiscono, quindi, gli immobili abitativi a disposizione, come le seconde case e quelli affittati o sfitti. Si paga anche sugli immobili dati in uso gratuito, salvo la riduzione al 50% tra genitori e figli ma rispettando stringenti condizioni. Si paga anche sulle pertinenze non della prima casa o comunque non agevolabili come il secondo box. Imu e Tasi (se dovuta) si versano anche per uffici, negozi, depositi, capannoni, altri immobili commerciali e industriali e per le aree fabbricabili (conta il valore commerciale al 1° gennaio 2018) da chiunque posseduti. Per gli immobili in leasing, l’Imu è dovuta dall’utilizzatore.
L’Imu colpisce anche i terreni agricoli (che sono invece esenti da Tasi), anche se incolti, inclusi gli orticelli. Sono esclusi i terreni agricoli, da chiunque posseduti, ubicati nei Comuni classificati come montani o di collina in base all’elenco dei Comuni della circolare ministeriale n. 9 del 14 giugno 1993. Esenti anche i terreni agricoli posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali, ubicati in qualsiasi altro Comune.
Per la Tasi, per l’immobile locato o dato in comodato per oltre 6 mesi nell’anno, l’occupante (inquilino o comodatario) deve versare al Comune parte della tassa, tra il 10% e il 30% dell’ammontare dovuto, in base alla delibera del Comune. La parte residua (tra il 70% e il 90%) è pagata dal proprietario. L’occupante non deve versare la quota di Tasi se l’immobile è la sua abitazione principale, ossia quella dove ha la residenza anagrafica e la dimora abituale. Il proprietario versa comunque solo la propria quota di Tasi (tra il 70 ed il 90% in base alla delibera del Comune).
Stefano Poggi Longostrevi, Corriere.it