(di Tiziano Rapanà) Caro Cesare, perdona l’ardire di questa lettera aperta. Ma non potevo esimermi dall’esprimere pubblicamente il diletto per aver letto questa tua nuova fatica letteraria Ecco la (nostra) stampa, bellezza. Questo invito alla lettura è stato stimolante e contraddittorio. Stimolante, perché il libro mi ha incentivato ad approfondire i capitelli della storia del nostro giornalismo. E contraddittorio, perché la lettura mi ha donato un doppio sentimento di piacere e dispiacere. Parto dal piacere: è stato generato dalla possibilità di aver potuto leggere le gesta di figure mitiche (molte, a dire il vero, a me sconosciute) del giornalismo. Il dispiacere, invece, è frutto della consapevolezza di trovarmi di fronte ad un giornalismo che fu. Il rammarico è di non riuscire a trovare tracce di futuro in questo tuo bel libro. Come se tu avessi voluto annunciare ai lettori, che il meglio è passato. Spero di no. Prego per un giornalismo migliore, che prosperi creativamente. Su carta o sul web, non importa. Purché sia un giornalismo di qualità.