Arriva l’etichetta obbligatoria per il pomodoro

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L’avvio della sua sperimentazione comporterà l’obbligo di indicare la provenienza dei derivati. I produttori italiani si dicono soddisfatti ma chiedono norme chiare e omogenee in tutta Europa

Al via la sperimentazione dell’etichetta che d’ora in poi dovrà indicare l’origine dei derivati del pomodoro. Una cosa buona e giusta per l’Associazione industriali conserve alimentari vegetali (Anicav), che però dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto del Ministero delle Politiche Agricole, chiede norme chiare e omogenee in tutta Europa.

Il business della trasformazione del pomodoro nel 2017 è valso all’industria italiana un fatturato di 3 miliardi di euro. Sono diventate conserve, pelati, oltre 52 milioni di tonnellate di pomodoro, che costituiscono il 14% di tutta la produzione mondiale e il 47% del trasformato in Europa. Oltre la metà di quanto prodotto nel Belpaese è stato così esportato in tutto il mondo. Soprattutto in Europa, Stati Uniti, Giappone e Australia. L’Italia primeggia insomma in questo settore. E i produttori si dicono contenti delle nuove disposizioni sull’etichettatura, ma non nascondono una certa preoccupazione.

“Il decreto – dichiara Giovanni De Angelis, direttore generale di Anicav – si applicherà in via sperimentale fino al 2020 e perderà efficacia in caso di adozione, da parte della Commissione Europea, dei provvedimenti esecutivi ai sensi del regolamento europeo 1169 del 2011”. La Commissione europea a gennaio ha avviato l’iter per l’emanazione dei regolamenti esecutivi. “Auspichiamo, pertanto, che siano adottati rapidamente, al fine di evitare la sovrapposizione di norme che potrebbero creare problemi alle nostre aziende”.

Il presidente Antonio Ferraioli ricorda che Anicav ha tutto l’interesse affinché sia garantita la massima trasparenza al consumatore. “È tuttavia necessaria – raccomanda – un’omogeneizzazione tra la regolamentazione nazionale e quella comunitaria per evitare che la norma abbia un’efficacia limitata soltanto al territorio italiano, come già avviene per la passata di pomodoro”. Le aziende di trasformazione che sono interessate a questo provvedimento oggi sono 115. Del comparto fanno parte circa 12mila lavoratori fissi e 25mila lavoratori stagionali. A questi va aggiunta la manodopera impegnata nell’indotto (officine meccaniche, imballaggi, distribuzione e logistica, case sementiere, vivai).

Stefania Aoi, Repubblica.it