Le prossime mosse della Banca centrale europea sono tutt’altro che scontate, e se i «falchi» che volevano una sterzata già a gennaio sono rimasti delusi, potrebbero esserlo anche al consiglio direttivo della Bce dell’8 marzo. Mario Draghi, il presidente, non depone gli strumenti non convenzionali della politica monetaria dei tassi negativi e degli acquisti di bond che viaggiano oltre i 2.400 miliardi di euro. Ridotti a 30 miliardi al mese, gli acquisti del quantitative easing da lui lanciato nel 2015 dovrebbero scadere a settembre. Ma sul dopo c’è un punto interrogativo. Se Germania, Olanda e altri premono per chiudere il rubinetto, Draghi ieri ha dato una frenata, invitando a «pazienza e persistenza nella politica monetaria». Nonostante il «forte slancio» della ripresa, ai massimi di un decennio, l’inflazione è ferma all’1,3%, ben al di sotto del quasi 2% obiettivo della Bce. «L’inflazione deve ancora mostrare segnali più convincenti». I giochi, per la Bce, restano aperti, e «una possibile estensione del Qe non è stata discussa dal consiglio direttivo». La prudenza del presidente tiene conto di vari fattori d’incertezza, fra cui, da gennaio, le scelte dell’amministrazione Trump. Il segretario del Tesoro Usa, a Davos, aveva fatto volare le quotazioni dell’euro dicendosi a favore di un dollaro debole e facendo parlare di un ritorno di fiamma della «guerra delle valute», la corsa alle svalutazioni competitive. Draghi ribatte con diplomazia che «non c’è alcuna guerra delle valute di cui si possa parlare». Ma spiega anche che «la recente volatilità nei mercati finanziari, specie nel tasso di cambio, merita particolare attenzione per le possibili implicazioni sulle prospettive di medio termine di stabilità dei prezzi». Un euro forte potrebbe indebolire l’inflazione «importata», vanificando gli sforzi della Bce. Ad affiancare Draghi nel resto del suo mandato fino alla fine del 2019, sostituendo il vicepresidente della Bce Vitor Constancio che a giugno deve lasciare, sarà con probabilità il ministro dell’Economia spagnolo Luis De Guindos, che parla agli europarlamentari subito dopo Draghi. Una linea di piena convergenza con la Bce, quella del responsabile dell’Economia a Madrid.
L’Arena