I ministri Martina e Calenda danno il via alla sperimentazione per due anni del sistema di etichettatura nel solco della norma già in vigore per latte e formaggi. In attesa del parere di Bruxelles
L’etichetta di origine per riso e pasta è ormai cosa fatta. Una norma che, nei mesi scorsi, è stata al centro di un acceso dibattito, con pastai e mugnai sulle barricate. È di oggi la firma del ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina e di quello dello Sviluppo economico Carlo Calenda sui decreti che introducono l’obbligo di origine del grano con cui vengono fatti maccheroni e spaghetti e del luogo di produzione del riso. Per due anni il nostro Paese sperimenterà il nuovo sistema di etichettatura, nel solco della normativa già in vigore per latte e formaggi. In attesa che Bruxelles dica la sua: a maggio infatti è partita la notifica formale dei due decreti in sede Ue. Entro sei mesi la Commissione dovrà esprimersi e in, caso di parere negativo, il rischio è che venga aperta una procedura d’infrazione.
Sfida all’Ue. Il governo italiano però è fiducioso: gioca d’anticipo anche con l’intento di esercitare pressione affinché Bruxelles si decida a fare una norma europea sulla trasparenza dell’origine delle materie prime in etichetta. “È un messaggio politico forte all´Europa che ancora indugia sulla normativa che riguarda le indicazione di origine in etichettatura e sull’iter del made in, questioni per le quali ci battiamo da tempo”, sottolinea l’europarlamentare pd Michela Giuffrida, membro della commissione Agricoltura. E anche il ministro Martina rimarca: “Con questa decisione, un passo direi storico, l’Italia si pone all’avanguardia in Europa sul fronte dell’etichettatura. Chiediamo con ancora più forza oggi all’Unione europea di fare scelte coraggiose, di dare ai cittadini e alle aziende risposte concrete in merito alla trasparenza”.
Mentre Calenda evidenzia l’importanza della tutela dei consumatori come chiave di competitività per tutto il sistema italiano: “L’aumento dell’8% delle esportazioni nei primi di cinque mesi del 2017 dimostra quanto l’Italia guadagna dall’internazionalizzazione. Puntiamo sulla forza del Made in Italy e sulla qualità delle filiere per poter competere con ancora maggior forza sui mercati globali”.
Una decisione, quella dei due ministri, ben accolta anche in Parlamento, con i deputati pd Colomba Mongiello e Dario Ginefra soddisfatti per l’accelerazione del governo: “La certificazione di pasta e riso è la giusta risposta alla crisi del prezzo dei cereali italiani. Giusto non aspettare il parere della tecnostruttura Ue”, affermano in una nota congiunta.
Per i pastai di Aidepi (Associazione delle industrie del dolce e della pasta italiane) la formula adottata è invece sbagliata e confonde il consumatore. “La vera soluzione per incentivare trasparenza, qualità e competitività della filiera sono i contratti di coltivazione tra pastai e agricoltori”, mentre “parlare di etichetta sposta l’attenzione dal vero problema e cioè che il grano italiano è oggi ancora insufficiente a soddisfare le esigenze dei pastai.
Le novità in sintesi. Il decreto grano/pasta in particolare prevede che le confezioni di pasta secca prodotte in Italia dovranno avere obbligatoriamente indicate in etichetta le seguenti diciture:
a) Paese di coltivazione del grano: nome del Paese nel quale il grano viene coltivato;
b) Paese di molitura: nome del paese in cui il grano è stato macinato.
Se queste fasi avvengono nel territorio di più Paesi possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le seguenti indicazioni: Paesi Ue, Paesi non Ue, Paesi Ue e non Ue. Se il grano duro è coltivato almeno per il 50% in un solo Paese, come ad esempio l’Italia, si potrà usare la dicitura: “Italia e altri Paesi Ue e/o non Ue”.
Per quanto riguarda il riso, Il provvedimento prevede che sull’etichetta devono essere indicati:
a) “Paese di coltivazione del riso”;
b) “Paese di lavorazione”;
c) “Paese di confezionamento”.
Anche per il riso, se queste fasi avvengono nel territorio di più Paesi possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le diciture miste.
Le indicazioni sull’origine dovranno essere apposte in etichetta in un punto evidente e nello stesso campo visivo in modo da essere facilmente riconoscibili, chiaramente leggibili ed indelebili. I provvedimenti prevedono una fase di 180 giorni per l’adeguamento delle aziende a nuovo sistema e lo smaltimento delle etichette e confezioni già prodotte.
La Repubblica