Raiola, Mendes, Joorabchian: controllano i calciatori e fatturano come un top-club europeo
Sono i padroni del mercato, i nuovi ricchi del business sportivo. I procuratori non hanno mai avuto tanto potere (e denaro) come in questa fase storica. E non è più soltanto una questione estiva, il calciomercato non ha più stagioni né regole fisse.
Così scopriamo che gli intermediari diventano delle vere macchine da soldi: basta guardare la classifica dei primi dieci (elaborata da Calcio e Finanza) per capire che singoli procuratori come Jorge Mendes o Mino Raiola hanno un fatturato superiore a quello di un top club europeo. Vagonate di denaro portate fuori dal comparto calcio, senza alcuna ipotesi di reinvestimento. La svolta? Tutto risale al 2015 quando la Fifa vara una sorta di deregulation: basta albi per gli agenti, chiunque può improvvisarsi e prestare servizio per un atleta o una società iscrivendosi all’elenco tenuto dalle federazioni nazionali, che si sono dovute adeguare. Inoltre, la nuova regolamentazione Fifa non pone tetti alle commissioni. Anzi, il tetto ci sarebbe: del 3% dello stipendio lordo del giocatore o del prezzo del trasferimento, contemplato nell’articolo 7 del regolamento, ma si tratta di una semplice «raccomandazione», quasi sempre disattesa. Un trucchetto in stile Blatter che però nessuno dopo di lui si è preso la briga di modificare. Questa sostanziale deregulation della Fifa ha permesso la concentrazione in un gruppo ristrettissimo di agenti della stragrande maggioranza delle movimentazioni globali. Ma non solo, ha consentito anche la proliferazione di figure intermedie, ibridi con un grande potere economico e politico. Un caso su tutti? L’iraniano Kia Joorabchian. Sarebbe un agente ma non svolge la mansione di procuratore, lui agisce nel calcio come uomo d’affari, e nella vasta gamma di questo business c’è pure il controllo dei diritti economici dei calciatori. Ma per lo svolgimento del ruolo di agente mister Kia delega persone di sua stretta fiducia e nel frattempo controlla il destino di giocatori del calibro di Carlos Tevez, Joao Mario e Gabigol.
Ma a gonfiarsi a dismisura è tutto il giro d’affari di procuratori e uomini d’affari. Stando ai dati ufficiali della Figc, nel 2016 le società di Serie A hanno speso in commissioni per agenti e procuratori 193,3 milioni di euro, il 130 per cento in più rispetto agli 84,4 milioni del 2015. Un balzo in avanti su cui pesa il passaggio di Paul Pogba dalla Juventus al Manchester United. Un mega affare che ha prodotto la commissione monstre per Raiola da circa 25 milioni di euro. Anche perché, sempre a causa della liberalizzazione del 2015, i procuratori possono anche superare il limite del mandato unico, che un tempo era molto rigido in Italia, e rappresentare nello stesso affare ben tre parti: chi vende, chi compra e il calciatore. E quindi incassare da tutti e tre. E anche in questo caso l’affare Raiola-Pogba ha fatto scuola.
Ma il fenomeno è globale e non solo italiano: secondo il report «Fifa Intermediaries in international transfers», in tutto il mondo, tra il 2013 e il 2016, sono stati spesi 1,1 miliardi di dollari per le commissioni agli agenti. Si spiegano così fenomeni come Stellar footbal, società di procuratori inglesi che agiscono soprattutto nella Premier league inglese, dove le commissioni lo scorso anno sono cresciute del 35 per cento. Ma la top ten vede presenti anche i tedeschi di Sports Total e gli spagnoli di Bahia Internacional. Presto anche cinesi e americani. Perché il calcio business si gioca a tutto campo e senza frontiere.
Il Corriere della Sera