Di Cesare Lanza
Scommettiamo che (purtroppo) il numero dei giovani senza lavoro è destinato ad aumentare, nel 2017? Mi riferisco a quei ragazzi, da 18 a 34 anni, obbligati a vivere in famiglia perché privi di un lavoro affidabile. Sono quasi il 68%: peggio di noi solo la Slovacchia; la media europea è inferiore di ben 20 punti. Non solo neo maggiorenni, ma anche uomini e donne in età adulta, che sopravvivono grazie al sostegno economico dei genitori 0, addirittura, dei nonni. Quando mi occupo di questo argomento, subito mi viene in mente la mia, significativa, esperienza. Nel 1959 scappai di casa, ribellandomi a mio padre, che voleva vietarmi l’approccio al giornalismo ed esigeva che dopo il diploma mi impiegassi in banca, come lui. Avevo 17 anni. Dopo alcuni mesi di folle e romantica libertà nei vicoli di Genova (vendevo bibbie, porta a porta, per mantenermi) finii a Cosenza, dove completai il liceo e intanto lavoravo, come collaboratore di giornali e produttore di assicurazioni. Nel 1963 tornai al Nord. La mia fidanzata mi seguì, prese un treno per Milano. Alla stazione acquistò il Corriere della Sera: paginate di offerte di lavoro! Il giorno dopo aveva un impiego, assunta al volo senza curriculum, in una delle migliaia di ditte del nostro miracolo economico. Tutti i presunti «bamboccioni» di oggi uscirebbero felici dalla casa di mamma e papa, se trovassero un lavoro, come me e la mia fidanzata, 50 anni fa. Ma il lavoro non c’è. Sui giornali non dico pagine, ma neanche una, una sola, offerta di occupazione. E niente fa sperare che la situazione migliori.
Cesare Lanza, La Verità