Nel supermercato dei prodotti da mangiare oltre la scadenza indicata sull’etichetta
I trucchi per sapere se gli alimenti scaduti non lo sono affatto
Sono andato al supermarket dei prodotti scaduti, non per risparmiare, ma perché mi sento in colpa. Mia madre non mi costringeva a trangugiare cibi che detestavo con il ricatto «pensa ai bambini che in Africa muoiono di fame». Oggi sono i giornali e la tv, soprattutto a Natale, a rimproverarci lo spreco, buttiamo migliaia di tonnellate di prodotti alimentari, mentre 2 miliardi almeno di esseri umani muoiono di inedia.
Siamo colpevoli, Fernanda, mia moglie, ed io. È difficile fare la spesa per due, e spesso si rimane da soli a Berlino, perché uno di noi si trova a Roma, dove si ripete il problema. Si compra per almeno due o tre giorni, poi ci invitano a cena, o si parte, e la spesa finisce nella pattumiera (differenziata).
Siamo troppo prudenti, o creduloni. La data di scadenza sulla scatoletta, o sulla confezione, non va presa alla lettera. Il contenuto si può consumare senza pericolo per qualche giorno ancora, o settimane, o mesi, perfino per anni. A Berlino finisce da SirPlus a poche centinaia di metri da casa mia. Supermarket è un’esagerazione, è un negozio normale con, suppongo, un grande magazzino, e vende anche online. Non è riservato ai diseredati. Io abito al centro, e SirPlus si trova nella Wilmersdoferstrasse al numero 59, una lunga e antica strada commerciale. I tedeschi badano al risparmio, e odiano lo spreco, qualunque sia il reddito.
Un pfund, cioè mezzo chilo di asparagi? 50 cent, meno di un terzo del prezzo normale. Un mango, 80 cent, un melograno un euro e 20. Un chilo di pane, 40 cent. E così via. I prezzi, si garantisce, sono in media almeno del 70% più economici. L’insalata non era turgida, ma neanche appassita, gli asparagi mi sembravano appena giallini (qui sono grandi e bianchi). Il mango normale. I surgelati erano conservati dietro il bancone, e non ho osato farli tirare fuori per indagare.
Ogni minuto, in Germania, viene buttato via il carico di un autotreno. «Uno spreco intollerabile», ha commentato la Süddeutsche Zeitung. In totale dai 18 ai 20 milioni di tonnellate di generi alimentari all’anno. Impossibile calcolare il conto in euro, di certo diversi miliardi. E non sarebbe necessario: finiscono nella spazzatura melanzane leggermente ammaccate, banane appena brunite, il pane del giorno prima. Ai supermarket in Francia è proibito gettare i prodotti ancora consumabili, e devono offrirli alle mense pubbliche. La Germania dovrebbe seguirne l’esempio. Ma, si risponde, per il momento funziona anche senza una legge: l’80% dei negozi dà in beneficenza quel che non vuol più vendere.
Gli ospedali, gli alberghi, i ristoranti, stanno attenti a non avere in magazzino più di quel che serve, e sanno conservare i generi deperibili. Lo spreco è colpa mia, cioè dei privati, troppo attenti alle etichette. Il 61% dello spreco è colpa delle famiglie. In media, ogni tedesco, butta 81,6 chili all’anno di generi che potrebbero ancora essere consumati. La data sulla confezione non indica in realtà la scadenza, è una sorta di garanzia per il produttore: se finite all’ospedale per una lavanda gastrica la colpa è vostra. Infatti, le scadenze variano da marca a marca senza un reale motivo: il succo di mela è bevibile da sette a 24 mesi, il riso basmati da uno a tre anni, uno yogurt da tre a sei mesi.
La Bild pubblica un elenco di prodotti che potete mangiare o bere oltre la scadenza: le conserve in scatola, se tenute in un ambiente adatto, anche dopo quattro anni, la pasta dopo tre anni, la cioccolata per molti anni finché non si polverizza, l’insalata finché non fa la muffa, il pane resiste per un paio di settimane. Bisogna stare attenti alle uova e alla carne, soprattutto quella macinata che si dovrebbe consumare entro le 24 ore. Da SirPlus non ho comprato nulla. Avevo già troppa roba in frigorifero. A Roma abbiamo a due passi un mercato biologico, dove vendono frutta e verdura garantiti coltivati dal venditore, che mette in scatola da sé funghi, carciofini e marmellate. Per due volte mia moglie ha aperto una scatoletta e ha trovato il prodotto guasto. Era entrata aria nella confezione artigianale e garantita. È andata a protestare: «Che vuole? Capita», le hanno risposto con sgarbo. Non è un finale con una morale. Solo quel che capita a una coppia di consumatori tra Roma e Berlino.
Roberto Giardina, ItaliaOggi