Un italiano su 5 non usa Internet

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Delusione su tutti i fronti dal rapporto della Commissione europea appena pubblicato. L’Italia cresce troppo lentamente, per uso di internet da parte di utenti e aziende. L’Europa resta lontana

L’innovazione digitale in Italia cresce troppo lentamente e siamo ancora legati al palo dei ritardi. Lo dicono, impietosi, i dati 2017 appena pubblicati da Eurostat, della Commissione europea. L’Italia migliora ma la svolta sembra ancora lontana. Certo non è avvenuta nel 2017, nonostante le aspettative, riposte in parte nell’azione del Team Digital guidato da Diego Piacentini, responsabile dell’Agenda Digitale presso la presidenza del Consiglio.

In particolare, i dati dicono che sono ancora troppi gli italiani che non usano internet: il 22 per cento. Anche se è una quota del 3 per cento in meno rispetto al 2016, il confronto – in una economia globale – deve essere per forza con i vicini francesi e tedeschi, dove la percentuale è meno della metà. Ma preoccupa anche il confronto con Paesi storici ritardatari come Portogallo e Cipro, che corrono più di noi. Il Portogallo però ha lanciato un serio programma per le competenze digitali, che in Italia ancora non ricevono attenzione istituzionale. Lo conferma, da ultimo, la bocciatura dell’emendamento di Paolo Coppola (PD) nella Legge di Bilancio, che prevedeva risorse per innalzare il livello delle competenze digitali nella pubblica amministrazione. “Uno stop paradossale, quando invece il legislatore ha trovato 3 milioni di euro da dare a una società di informatica sconosciuta”, dice Alfonso Fuggetta, docente del Politecnico di Milano e tra i massimi esperti di rete in Italia.

Preoccupanti anche i dati Eurostat sugli usi di internet. Solo il 69 per cento degli Italia la usa con regolarità (+2 per cento nel 2016), dietro ancora una volta al Portogallo. Crescite troppo lievi, che non cii fanno recuperare il ritardo con gli altri Paesi, per quanto riguarda gli usi significativi della rete (quelli che hanno il maggiore impatto socio-economico): l’internet banking (dove l’Italia passa dal 29 al 31%, contro la Spagna che va dal 43% al 46%), la lettura di quotidiani online, l’e-commerce. Rimane un grande differenziale tra Nord e Sud: per uso regolare di internet eccelle la Liguria (76 per cento degli abitanti), mentre è ultima la Calabria (57 per cento).

Delusione massima per l’uso dei servizi digitali della PA, dove siamo inchiodati ai valori 2016: 13 per cento della popolazione. Contro una media europea del 30 per cento, che invece continua a crescere.
Altro valore critico è quello delle Pmi italiani aperte al digitale. Le Pmi che vendono online sono l’8% (solo la Bulgaria fa peggio), senza progressi sul 2016. Questo è uno dei talloni d’Achille dell’economia europea in generale, ma spiccano Paesi come Spagna e Germania, che sono su percentuali rispettivamente del 20% e del 23%.

Le speranze 2018 sono riposte nel piano Impresa 4.0 (già Industry 4.0) e nei suoi nuovi incentivi previsti nell’ultima Legge di Bilancio. Ma anche nell’attuazione dei piani del Team Digital e dell’Agenzia per l’Italia Digitale, che promettono ancora per il prossimo anno di maturare i primi risultati concreti sulla cittadinanza. Ossia una PA più innovativa, con servizi più usabili dai cittadini, grazie agli effetti del nuovo codice dell’amministrazione digitale e al piano triennale Ict dell’Agenzia.

Ma il tutto avverrà in un contesto di grande cambiamento e incertezza: un nuovo Governo, un nuovo direttore dell’Agenzia (a marzo), la scadenza del Team Digital (a dicembre). «La svolta ci sarà se il nuovo Governo si impegnerà sul serio sul digitale – dice Fuggetta. Laddove nell’ultima legislatura abbiamo di fatto sprecato i primi anni». «Servono tre cose», aggiunge Fuggetta. «Una figura politica chiave per il digitale, come un ministro all’innovazione. Una struttura tecnica forte, per esempio che fonda le funzioni dell’Agenzia e del Team. E un investimento sulle competenze digitali». Finora nessuna di queste tre cose è stata fatta. I risultati si sono visti. E ora ce li conferma, chiari, nero su bianco, l’Eurostat.

Alessandro Longo, Repubblica.it