Il «pasticciaccio» dell’equo compenso dei professionisti a cavallo fra i due rami del parlamento, nonché nel decreto fiscale collegato alla legge di bilancio: se, infatti, a palazzo Madama (in assenza del parere della commissione bilancio) si è arenato il percorso del disegno di legge dell’ex ministro del welfare Maurizio Sacconi (Epi), che punta a riconoscere criteri di giusta remunerazione a categorie ordinistiche ed associative, avanza verso l’aula di Montecitorio, calendarizzata per il 27 novembre, l’iniziativa del deputato del Pd Giuseppe Berretta (licenziata dalla commissione giustizia della camera, a fine ottobre) relativa, però, alle sole prestazioni legali. Nel frattempo, se il ministro della giustizia Andrea Orlando ha annunciato l’intenzione di riproporre la sua norma (sempre incentrata sui pagamenti degli avvocati che hanno come controparte banche, assicurazioni e grandi aziende), stralciata dalla legge di bilancio (si veda ItaliaOggi del 1° novembre 2017) nel decreto fiscale, a non voler demordere per giungere al riconoscimento di un equo compenso «innanzitutto da parte della pubblica amministrazione» è la responsabile lavoro del Pd Chiara Gribaudo, propensa a coinvolgere nella «partita» (usando un veicolo legislativo dall’iter veloce) il ministro per la semplificazione Marianna Madia, oltre allo stesso Orlando. Infine, Sacconi vorrebbe inserirsi nel solco del disegno di legge di Berretta, facendovi approdare emendamenti per ampliarne il raggio d’azione. E, così, la matassa dell’equo compenso si dipana. O, forse, s’ingarbuglia.
Simona D’Alessio, ItaliaOggi