Secondo l’ultimo report di Transport and Environment “una vettura a gasolio emette nell’intero ciclo di vita 3,65 tonnellate di CO2 in più di una a benzina”
Non è vero che l’auto diesel emette meno anidride carbonica di quella a benzina. Al contrario, ne rilascia di più. Il sorprendente risultato arriva dagli studi di Transport&Environment, il centro di studi ambientalisti con sede a Bruxelles che ha deciso di celebrare con questa inchiesta il secondo anniversario del dieselgate. L’indagine ha preso in esame l’intero ciclo di vita di un motore diesel e avrebbe portato a concludere che le emissioni di CO2 sono superiori di 3,65 tonnellate rispetto a quelle di un motore a benzina.
Risultato sorprendente perché al tubo di scappamento il diesel emette meno anidride carbonica del motore a benzina. Il problema dell’inquinamento è legato invece all’emissione dei biossidi di azoto. I ricercatori di T&E sostengono invece che va considerato l’intero ciclo legato al diesel. Così il processo di raffinazione per ottenere il gasolio richiede più energia rispetto a quello necessario a estrarre la benzina dal petrolio. I materiali utilizzati per realizzare il motore diesel sono più pesanti e richiedono più energia per la lavorazione.
Secondo T&E “Le auto diesel presentano maggiori emissioni inquinanti di Nox e Pm10 rispetto alle vetture a benzina, provocano maggiori emissioni di CO2 nel loro ciclo di vita e costano in media 2-3.000 euro in più”. Il gruppo di ricerca fa osservare che oggi un’ibrida a benzina costa come un’auto diesel ma emette il 20-25 per cento in meno di anidride carbonica. Il gruppo denuncia l’atteggiamento degli stati nazionali che “tassano tra il 10 e il 40 per cento in meno” il diesel rispetto al benzina e prevedono multe meno salate per i costruttori delle auto diesel di grandi dimensioni.
”Ciò che occorrerebbe – commenta Julia Poliscanova di T&E – sarebbe l’impegno dei costruttori a intervenire per rendere puliti i motori dei 37 milioni di veicoli diesel fortemente inquinanti che oggi circolano in Europa e che rischiano di continuare a farlo per altri 10-15 anni”.
Paolo Griseri, Repubblica.it