Il governatore: «Il decreto è solo sospeso. I giudici stabiliranno chi ha ragione»
Nessun passo indietro. Anzi. «Non abbiamo revocato il nostro decreto, lo abbiamo solo sospeso. Ora toccherà al Consiglio di Stato stabilire chi ha ragione». Il governatore Zaia non vuole far passare il messaggio che, dopo le pressioni governative e le critiche arrivate da Forza Italia (tra queste quella dell’assessore veneta all’Istruzione Elena Donazzan), lui abbia cambiato idea. Un concetto ribadito ieri sera anche ai microfoni di Rete Veneta. «Il decreto è sbagliato. E noi continueremo a difendere il modello di non-obbligatorietà», dice il presidente leghista. E ribadisce: «Non siamo soli. Ci sono almeno altri 15 Paesi europei che fanno così, come la Gran Bretagna e la Germania. Restiamo convinti che la coercizione e le sanzioni previste creeranno invece abbandono vaccinale». Tesi che però non supporta con dei dati specifici.
Il clima a Palazzo Balbi, sede della giunta regionale, sembra tranquillo. La soddisfazione della ministra Beatrice Lorenzin per «l’allineamento» è accolto «con un sorriso ironico». Anche se un gesto di distensione istituzionale c’è stato: dopo aver ricevuto la lettera delle ministre, Lorenzin e la collega all’Istruzione Valeria Fedeli, ieri Zaia ha scritto una missiva dove spiega la scelta di rivolgersi all’organo giurisdizionale «onde evitare dispendiosi e defatiganti contenziosi in sede giudiziaria».
Perché fare l’annuncio di una moratoria (lunedì), per poi sospenderla e ricorrere al Consiglio di Stato (ieri)? Zaia, da parte sua, non accetta letture politiche della vicenda. «Non è una questione di critiche. Anche se ho visto e letto un sacco di commenti inutili e pressapochisti resta una cosa meramente tecnica». Sempre Zaia spiega: «In completa autonomia il nostro dirigente aveva proposto e firmato la moratoria e in altrettanta autonomia ieri mi ha comunicato la sospensione temporanea per interpellare i giudici». Una scelta autonoma del direttore generale della sanità veneta Domenico Mantoan dunque? Non la pensa così la rediviva Alessandra Moretti, consigliera veneta del Pd ed ex sfidante di Zaia alle regionali del 2015. «Fa solo lo scaricabarile. Capita la gravità dell’atto, fa retromarcia. I veneti non sono stupidi e sanno che dietro al decreto c’era la sua mano».
Ma è nella galassia del centrodestra che qualcosa si muove. Solo due giorni fa Zaia aveva incassato l’appoggio incondizionato del segretario del suo partito Matteo Salvini. Come la prenderà ora il leader della Lega Nord? «Ognuno è libero di fare le sue considerazioni», taglia corto Zaia. Che sembra accodarsi alla linea morbida del governatore Maroni: anche la Lombardia, dopo un iniziale annuncio, ha fatto dietrofront, congelando la deroga di 40 giorni dall’inizio della scuola per mettere in regola i bambini iscritti agli asili nido. Si smorza, dunque, l’offensiva «nordista» contro il governo. La protesta, insomma, pare sedata. Ma gli animi no.
Anche perché la vicenda giudiziaria dei ricorsi al Consiglio di Stato e alla Consulta rischia di incrociarsi con la richiesta di maggiore autonomia di Veneto e Lombardia: il prossimo 22 ottobre ci saranno i referendum. Due voti che nel breve periodo avranno pochi effetti reali. Ma tanti politici. «È fallito l’ultimo colpo di coda», ha detto ieri il governatore commentando l’ordinanza con la quale il Tar ha rigettato la richiesta dell’annullamento del decreto di indizione della consultazione referendaria. Zaia esulta: «Ora non ci sono più ostacoli».
Davide Lessi, La Stampa