(di Cesare Lanza per LaVeriità) Scommettiamo che non è facile valutare l’avarizia e distinguerla dall’accortezza? Ho scritto di questo argomento qualche giorno fa per difendere genovesi e liguri. Com’era prevedibile, ho ricevuto un bel mucchietto di commenti, quasi tutti di radice umoristica. Ad esempio, una lettera di Luca Labozzetta: «A Cesare Lanza, che mi rincuora sempre in questi anni brutali, vorrei ricordare in fatto di battute simpatiche in merito ai “taccagni” che il grande Ettore Petrolini nella sua celebre Gastone diceva che la madre lo chiamava Tone per risparmiare il gas!». L’avarizia ha ispirato racconti, pezzi teatrali e gag comiche. A Labozzetta e a tutti i lettori ricordo una storiella proposta da non so più quale attore comico: «Quando fa freddo i genovesi si strìngono tutti attorno alla stufa. Poi, quando il freddo è insopportabile, l’accendono!». Però, bisogna essere cauti, nel trarre giudizi… Ricordo un episodio di quando ero bambino, alle scuole elementari. Un nostro compagno era avarissimo, lo prendevamo in giro. Ma un giorno vide che il gelato che avevo in mano mi era caduto in terra. Era il mitico mottarello, crema ricoperta di cioccolato. E costava 80 lire: una cifretta, all’epoca. Ero disperato. Ebbene, quel ragazzino andò dal gelataio, ne comprò un altro e me l’offrì. Un altro episodio divertente… Mio padre – tirchio, molto tirchio – un giorno era in taxi a Parigi, con mio figlio. A fine corsa pagò fino all’ultimo centesimo. Ma il tassista non si muoveva. «Cosa vuole ora questo qui?», chiese mio padre, sottovoce. «Nonno, credo che aspetti la mancia». «Eh, quanta fretta», fu la leggendaria risposta, «la prossima volta senz’altro diglielo!».
Non giudichiamo gli avari. Regalano gesti inaspettati
