Vivendi punta a ottenere un taglio del 50% dei compensi. È rivolta nel mondo del cinema e della tv francese dopo la mossa del patron di Canal+
Non si può dire che il «Pirata» (copyright, l’ex presidente François Hollande) non l’avesse annunciato con la consueta spregiudicatezza l’anno scorso, proprio negli stessi giorni del Festival di Cannes, grande vetrina dell’industria cinematografica e televisiva francese.
Canal+, fino ad allora lo sponsor più generoso, oltre il limite della magnificenza, della grande rassegna cinematografica, deve fare almeno 300 milioni di economie all’anno se vuole sopravvivere alla perdita di abbonati e di fatturato: così aveva dichiarato il gran patron di Vivendi, Vincent Bolloré, mentre si chiudeva il sipario scintillante della Croisette.
Tutti d’accordo, si capisce: manager, giornalisti, creativi, autori, registi, sceneggiatori, doppiatori, insomma tutto il variegato (e variopinto) mondo del cinema e della televisione.
Nessuno, allora, sospettava che quelle economie monsieur Bolloré le avrebbe fatte proprio sulla loro pelle.
Perché è dall’inizio del 2017 che Vivendi, l’azionista di controllo di Canal+, non paga più i diritti d’autore ad almeno 50 mila persone, tra registi autori sceneggiatori e via elencando, che, direttamente o indirettamente, francesi e stranieri che siano, lavorano per i canali televisivi e le diverse «fabbriche di contenuto» del Pirata.
Non si è ancora arrivati all’obiettivo dei 300 milioni di euro, ma il conto che le diverse organizzazioni sindacali degli autori e degli artisti hanno già preparato arriva a «dizaines de millions d’euros» e si tratta, in molti casi, dell’unico reddito per tanti lavoratori dello spettacolo.
Preoccupatissime, anzi allarmate le varie Siae francesi, la Sacd (Societé des auteurs et compositeurs dramatiques, la più antica, fondata da Beaumarchais nel 1777 nell’ambito della Comédie Française, con 53 mila iscritti), la Scam (Societé civile des auteurs multimediatiques, 38 mila soci), l’Adagp (Association des auteurs graphiques et plastiques, la più numerosa con 130 mila iscritti), la Sacem (Societé des auteurs eet compositeurs et editeurs en musique, anch’essa secolare, fondata nel 1851).
Tutte hanno fatto sapere a Michel Sibony, il manager di Vivendi che si occupa degli acquisti del gruppo e quindi gestisce anche il dossier-diritti d’autore per Canal+ e per Havas, l’agenzia pubblicitaria della famiglia Bolloré (guidata dal giovane Jannick, il figlio prediletto di Vincent) che sarà presto fagocitata da Vivendi, che o si sbloccano i pagamenti o partono i ricorsi e le denunce alla magistratura.
Sibony, che qui tutti conoscono come il «cost killer» (un po’ quello che era un tempo Franco Tatò, il terribile tagliatore di costi della Mondadori d’antan), ha risposto che il pagamento dei diritti riprenderà solo a patto che gli autori accettino una decurtazione del 50%: «come avviene in tutte le aziende in crisi quando trattano con i loro fornitori», ha poi precisato elegantemente.
La dichiarazione del «cost killer» più che rasserenare i fornitori artistici di Canal+ e Havas, ha scatenato un putiferio nella grande popolazione dei professionisti che lavorano per la tv e il cinema. Se il taglio voluto da Bolloré passasse, tutti gli altri editori non potrebbero fare altro che adeguarsi. Cioè tagliare a loro volta compensi e diritti. Il Pirata ha dettato la linea.
Italia Oggi