Video sfruttati per tornaconto economico con la pubblicità. La sentenza d’appello. Il portale Usa aveva pubblicato circa 50 filmati del Biscione
Un provider che organizzi i contenuti postati dagli utenti per trarne vantaggio economico non può essere considerato come un mero fornitore di supporto tecnico e quindi escluso dalla responsabilità nel momento in cui i video presenti sul proprio portale violino il diritto d’autore.
Per questo la Corte d’Appello di Roma con sentenza del 29 aprile 2017 ha confermato la condanna di Break Media per «cooperazione colposa mediante omissione» nella diffusione illecita di programmi televisivi di Mediaset.
Break.com è uno dei più popolari distributori online di contenuti humor americani ed è tra i brand più redditizi di Defy Media: un gruppo da 500 milioni di visualizzazioni al mese. I giudici hanno stabilito che faceva una «cernita dei contenuti audio video da collegare alla pubblicità in base ai dati di maggiore o minore visione» e «per evidenti ragioni di tornaconto economico» utilizzando per questo anche un team editoriale. Niente a che vedere con il lavoro tecnico di un semplice provider, che avrebbe portato all’esenzione di responsabilità secondo la direttiva comunitaria numero 31 del 2000 sull’argomento.
Break Media era già stata condannata in primo grado nel 2016 dal tribunale delle imprese di Roma per aver pubblicato sui canali del portale Break.com una cinquantina di video delle tv del Biscione tra cui Buona Domenica, Matrix, Paperissima, Ciao Darwin, Le Iene, Scherzi a parte e Zelig. Allora i giudici avevano stabilito il risarcimento a favore del gruppo televisivo guidato dal vicepresidente e a.d. Pier Silvio Berlusconi con 115 mila euro e il pagamento delle spese legali, più il pagamento di mille euro per ogni successiva violazione. La sentenza per giunta, aveva stabilito che Mediaset non doveva indicare nella diffida gli indirizzi web dei singoli video ai fini della loro rimozione, ma bastava l’indicazione della loro presenza, un principio ribadito dalla sentenza della Corte, che ha rigettato l’appello ribadendo peraltro la giurisdizione italiana perché nel paese ha sede la società danneggiata.
L’appello, come detto, ha stabilito la piena responsabilità degli operatori di Internet anche quando sono utenti terzi a diffondere illecitamente contenuti coperti da copyright. Tanto più quando vengono utilizzati «sistemi operativi evoluti» direttamente finalizzati a trarre vantaggio economico. Il provider ha «l’obbligo attivo di intervento e di protezione» per impedire la prosecuzione degli illeciti dopo che è arrivata la segnalazione del proprietario dei diritti (cosa che Break Media in un primo tempo non aveva fatto).
Si tratta di una sentenza a favore di Mediaset che potrebbe pesare nel giudizio in Cassazione che la vede opposta a Yahoo sullo stesso tema: in una prima pronuncia del 2011 il tribunale di Milano aveva stabilito la responsabilità del portale americano per aver inserito video del Biscione nel servizio Yahoo Video (oggi non più funzionante), ma l’appello del 2015 aveva ribaltato la decisione stabilendo fra l’altro che dovesse essere Mediaset a segnalare filmato per filmato la presenza dei contenuti da rimuovere. Ora il gruppo è in attesa della pronuncia della Cassazione e questo precedente potrebbe avere un peso nelle decisioni dei giudici.
Andrea Secchi, Italia Oggi