Garanzie, imposte differite, rimborsi: il salva banche in soccorso del credito

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Non solo la possibilità di ricapitalizzare direttamente le banche in difficoltà. Con le garanzie sulle emissioni un istituto come Mps risparmia oltre cinque punti di spread. Il testo approvato ieri sera dalle commissioni della Camera, atteso il via libera dell’Aula

Stato azionista, garante del debito o pronto ad ampliare le maglie di un trattamento fiscale migliore al mondo cooperativo. Il decreto sul salva-risparmio, licenziato dal Senato la scorsa settimana e nella notte dalle commissioni Bilanci e Finanze della Camera, si prepara alle battute finali nell’aula di Montecitorio, dove è arrivato un testo blindato dalla prima fiducia dell’esecutivo Gentiloni. La discussione generale dell’Aula è prevista per oggi martedì 14 febbraio e nono è escluso che si arrivi a una nuova fiducia; in ogni caso, dicono dalla maggioranza, il testo non dovrebbe subire modifiche. Il fondo da 20 miliardi per ricapitalizzare le banche in difficoltà ha catalizzato l’attenzione pubblica e armato l’intervento pubblico nei casi di difficoltà, a partire da Mps per arrivare presto in Veneto. Ma non è l’unico provvedimento rilevante per l’attività bancaria. Dalle garanzie statali sulle emissioni di liquidità all’estensione dei benefici fiscali sulle Dta alle BCC, ecco come il salva-banche va in soccorso al sistema del credito.
GARANZIE STATALI: SUL MERCATO CON LO SCONTO
Tra le forme di sostegno pubbliche rientra la concessione della garanzia statale sulle emissioni di liquidità, che secondo le stime della relazione potrebbe comportare costi per l’erario di 771 milioni di euro. La garanzia potrà esser attivata fino al 30 giugno 2017, periodo estendibile di altri sei mesi con decreto del Mef. La ratio del provvedimento è consentire alle banche che hanno attivi non brillanti, per dirla con un eufemismo, di accedere al mercato o alla liquidità Bce, mettendo sul tavolo di Francoforte un collaterale dal rating equiparato allo Stato garante. “Il lavoro fatto sul provvedimento è molto serio”, premette Claudia Segre, presidente della Global Thinking Foundation. Che spiega come una garanzia possa cambiare le carte in tavola per una banca in difficoltà, come il Monte dei Paschi appeso all’intervento pubblico per il rilancio. “Le azioni Mps sono sospese ormai da tempo – ricorda Segre – e questo è un chiaro sintomo della attuale incapacità della banca di rivolgersi al mercato. Se lo facesse emettendo debito, dovrebbe strapagare gli investitori in termini di spread”. La garanzia statale interviene proprio su questo costo, permettendo alla banca di domandare soldi con un rendimento allineato all’ente che pone la sua garanzia. Le emissioni cui applicare la garanzia devono essere di durata tra 3 mesi e 5 anni (7 per le obbligazioni bancarie garantite), a tasso fisso e denominate in euro, non subordinate o strutturate e devono rimborsare il capitale in unica soluzione a scadenza. L’ammontare massimo consentito non può superare il valore dei fondi propri calcolati ai fini della vigilanza, a meno che non si sia sotto un piano di ristrutturazione. Tornando al caso Mps, Segre offre un termine di paragone con i bond high yeld emessi la scorsa estate dalla holding di controllo di Sisal, la Schumann spa (nell’ambito dell’operazione con CVC Capital Partners), per 725 milioni e rating Moody’s B1 (scadenze 2022 e 2023), “che hanno pagato il 7%. Pur nella diversità delle emissioni, se Mps andasse sul mercato con un rating di singola B, se non inferiore”, dovrebbe pagare una simile cedola agli investitori. Di contro, il costo della garanzia si limita allo 0,4 o 0,5%, a seconda delle scadenze, cui sommare una cedola intorno allo 0,5% e altri oneri aggiuntivi calcolati in base alla rischiosità della banca stessa (misurata dai cds): “In tutto, possiamo ipotizzare un costo dell’1,5% annuo: il differenziale sull’operazione di mercato è enorme. Sono margini buoni per lavorare sul piano di ristrutturazione”. Ugualmente, la garanzia permette di accedere alle erogazioni di liquidità della Bce, che richiedono il deposito di collaterale. Quest’ultimo subisce un haircut, un taglio del valore, a seconda del rating: può andare da 4 a 63 punti nel caso peggiore di un rating BBB-.
CREDITI D’IMPOSTA ALLARGATO ALLE BCC
Nel novero delle norme che impattano maggiormente sull’attività bancaria ci sono i correttivi fiscali sulle Dta (deferred tax asset, le imposte anticipate). Modifiche che interessano tutte le banche, quando si stabilisce di imputare all’esercizio 2016 il calcolo del canone versato lo scorso luglio (ma originariamente a valere sul 2015) dagli istituti, che pagano per garantirsi la convertibilità delle imposte anticipate in crediti d’imposta. Si evita così far gravare un doppio onere per il 2016 sulle banche. Un’innovazione rilevante riguarda poi il mondo del Credito Cooperativo, penalizzato dalla recente stratificazione normativa che tagliava fuori molte BCC dalla possibilità di sfruttare le Dta. Le BCC godono infatti di un regime di parziale detassazione degli utili che, d’altra parte, limita il riporto in avanti delle perdite fiscali. Questa limitazione pregiudica la possibilità di sfruttare a pieno l’ammontare delle imposte anticipate come credito d’imposta. Con il salva-banche si apre una finestra (tra il 2016 e il 2025) perché anche alle BCC venga assicurata questa possibilità. Una parificazione non da poco, in tempi di ingenti rettifiche sui crediti che generano proprio perdite fiscali e potenziali crediti d’imposta. Ora, queste Dta saranno computabili come patrimonio di vigilanza dalle BCC ed eviteranno pericolosi ammanchi di capitale, che rischiano di tradursi in stretta al credito. Secondo la relazione tecnica del decreto, l’ammontare complessivo delle DTA interessate è pari a 6,28 miliardi il cui rigiro si articola, secondo il medesimo piano previsto per tutte le banche italiane, tra questo esercizio e il 2025, a partire da 378 milioni nel 2016 che salgono a 605 il prossimo anno, poi a 756 nel 2018 e quindi si stabilizzano a 908 milioni. Spiega il presidente di Federcasse, Augusto dell’Erba: “La modifica normativa in materia di Dta eviterà un’ingiustificata penalizzazione per le Banche di Credito Cooperativo, ripristinando parità di trattamento tra le BCC e le altre banche italiane. Le limitazioni alla conversione delle Dta in crediti d’imposta, infatti, per le BCC avrebbero rappresentato uno svantaggio a carico di banche che, nonostante il perdurare della crisi, non hanno mancato di sostenere l’economia reale valorizzando la loro funzione anticiclica”.
RIMBORSI AGLI OBBLIGAZIONISTI AZZERATI, NIENTE DOPO IL 2016
A valle dei salvataggi bancari per mezzo della condivisione delle perdite (il burden sharing poi diventato bail-in) ci sono alcuni correttivi che interessano in particolare i risparmiatori, perché vanno a modificare i meccanismi dei rimborsi per coloro ai quali sono stati venduti titoli in maniera truffaldina. Il loro coinvolgimento sarà attenuato, ma con alcune limitazioni. In caso di salvataggio pubblico, come per Mps, le obbligazioni subordinate saranno convertite obbligatoriamente in azioni, che il Tesoro potrà riacquistare assegnando in cambio obbligazioni senior. Ma questa forma di rimborso varrà solo per le obbligazioni acquistate prima del primo gennaio 2016, quando è entrato in vigore il bail in. Per chi ha acquistato dopo, infatti, si dà per scontato che sia stato un azzardo speculativo, in quanto non poteva non sapere a cosa andava incontro. Sempre in chiave anti-speculatori, come domandava la Consob in audizione si prevede un limite al riacquisto delle azioni che il risparmiatore ottiene con l’applicazione del burden sharing: è fissato al prezzo di acquisto dei bond subordinati, non al loro valore nominale. Quanto alla conversione, per calcolare il valore delle azioni si dovrà tenere conto, nel caso di istituti quotati, delle eventuali sospensioni di Borsa, come nel caso di Mps. Previsto uno sconto maggiore per lo Stato, al 25% contro il 15% degli azionisti, con conseguente maggiore diluizione per i vecchi soci e obbligazionisti per i quali non è prevista una compensazione.
Nel caso delle quattro banche messe in risoluzione a fine 2015 (Banca Etruria, Carife, Banche Marche e Carichieti), si allarga ai parenti la platea di coloro che potranno chiedere il rimborso forfettario all’80% del valore investito, che sostituisce il possibile ricorso all’arbitrato. Potranno accedere all’indennizzo anche i coniugi o conviventi more uxorio e i parenti degli obbligazionisti fino al secondo grado di parentela. Per presentare la richiesta ci sarà tempo fino a fine maggio ed è stata poi decisa l’esclusione del valore d’acquisto delle obbligazioni azzerate dal tetto dei 100mila euro di patrimonio mobiliare di proprietà dell’investitore, che è una delle condizioni per accedere all’indennizzo, ed è stata disposta la gratuità di tutte le spese di istruttoria a carico delle banche.
NIENTE NOMI DEI DEBITORI, MA ANONIMI PROFILI RISCHIO
In Commissione è saltata l’idea del presidente Abi, Antonio Patuelli, di far diffondere alle banche salvate dallo Stato la lista dei nomi dei debitori insolventi. E’ stata invece trovata una soluzione di compromesso che prevede una relazione quadrimestrale al Parlamento in cui vengono indicati dal Mef i profili di rischi di chi ha crediti in sofferenza pari o superiori all’1% del patrimonio della banca; ma non ci saranno nomi e cognomi dei debitori.
Tra le ultime modifiche, in caso di salvataggio pubblico si dà al Tesoro la possibilità di rimuovere i manager ma anche fissare un tetto agli stipendi del Cda e dell’alta dirigenza.
EDUCAZIONE FINANZIARIA
Il governo trasmetterà ogni anno alle Camere entro il 31 luglio una relazione sullo stato di attuazione della Strategia nazionale per l’educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale e verrà istituito un Comitato ad hoc di 11 membri per la programmazione e il coordinamento delle attività. Alle attività del Comitato è destinato un milione di euro annuo dal 2017. Luciano Liccardo, segretario generale dell’Efpa Italia (organismo che “certifica” i professionisti del risparmio), accoglie con favore il fatto che nel Comitato siano “finalmente rappresentati coloro che si interfacciano quotidianamente con i clienti, vale a dire i professionisti del risparmio, che sono – e saranno sempre di più nel futuro – i loro educatori naturali”, ma chiede un passo ulteriore quando suggerisce un “organo consultivo tecnico che nell’ambito della strategia nazionale potrebbe supportare le scelte” sulla base dell’esperienza maturata sul campo. Quanto al reperire i fondi per il funzionamento, “non dovrebbe essere difficile immaginare di dirottare una minima parte delle giocate nelle diverse lotterie (un giro d’affari recentemente valutato in 85 miliardi di euro), al finanziamento della strategia per l’educazione finanziaria e i fondi così raccolti potrebbero anche andare a sostenere iniziative a favore di chi è vittima del gioco”.

Raffaele Ricciardi, La Repubblica