di Massimo Grilli
Franco recanatesi racconta protagonisti e aneddoti dei primi anni di “repubblica”
«Massei, Oscar di provincia». Ne ha fatta di strada, Franco Recanatesi, da quel titolo prodotto per il Corriere dello Sport dei primi Anni Sessanta, e che valse al giovane apprendista -rigorosamente senza stipendio – il premio di 5.000 lire che il direttore Antonio Ghirelli metteva in palio per il miglior titolo del mese. Si parla molto anche di Corriere dello Sport nel bel libro che Recanatesi – ex colonna del nostro giornale ed ora collaboratore mai banale – ha dedicato ai primi venti anni di Repubblica, dalla romanzesca nascita (anno 1976, per i più distratti) fino al sorpasso sul Corriere della Sera, datato 1987. Dal primo “servizio” firmato nel 1962 – venti righe per il nostro giornale sulla partita Atac-Torre in Pietra, campionato di prima categoria fino alla direzione del Venerdì di Repubblica, passando per i ruoli di inviato, caporedattore delle sedi di Torino e Napoli, e direttore poi de Il Lavoro di Genova, Reca Dagli inizi al Corriere dello Sport al quotidiano di Scalfari, storia di un altro giornalismo natesi ha avuto la fortuna di vivere tutte le dimensioni di un certo giornalismo ormai irrimediabilmente perduto. Partendo dalle mille nottate nella tipografia di Piazza Indipendenza, dominata dalla mole del mitico Orlandone, fino alle tante guerre di cui ha scritto da inviato, Recanatesi ci porta a conoscere i miti del giornalismo sportivo romano del Corriere (da Alberto Marchesi a De Cesari, da Pistilli a Dominici, da Sergio Neri a Cesare Lanza fino ai grandi direttori Ghirelli e Tosatti) incrociando le sue vicende personali e professionali con la Storia con la esse maiuscola, come quando nel 1969, in Cecoslovacchia – al seguito di un Mondiale di ciclismo – si trovò a confrontarsi con i giorni agitati di Praga (il suicidio di Jan Palach era avvenuto pochi mesi prima) o ancora nel Mondiale di calcio del 1978, che fu vanto del regime dei Colonnelli. Imperdibili le pagine sulla campagna acquisti di Repubblica (dopo il clamoroso no di Montanelli), sulla nascita e repentina crescita delle sue pagine sportive, affidate via via a nomi straordinari quali Gianni Brera, naturalmente, Fossati, Clerici, Sconcerti, conosciuto giovanissimo cronista nel nostro giornale, la scalata nelle vendite malgrado inizi molto faticosi (il neonato giornale veniva malignamente chiamato Ripubblica, per le tante notizie che – a causa anche della chiusura molto anticipata – “bucava” e quindi pubblicava il giorno dopo). Tra il ricordo di una partita di pallone – documentata in ultima di copertina, con l’immagine di un volenteroso Scalfari alle prese con il maligno sinistro di Recanatesi – e l’elenco delle coppie nate in redazione, Franco ci fa respirare il clima di un giornale ricchissimo di prime donne del giornalismo (Biagi, Bocca, Pansa, Aspesi, Viola, Forattini, Terzani, ma l’elenco potrebbe continuare a lungo), ciascuno con i suoi capricci e i suoi scoop, alle prese con i fatti clamorosi del tempo – dalle Brigate Rosse alla discesa in campo di Berlusconi – attraverso il riflesso di un giornale che voleva cambiare il mondo dell’editoria, e ci è riuscito, grazie alle intuizioni del suo fondatore, Scalfari, o Barbapapà, come i suoi più vicini collaboratori “osavano” soprannominarlo. Il divertente romanzo di una bellissima carriera e di una straordinaria impresa editoriale, vissute all’ombra dei pioppi di Piazza Indipendenza, «tra stormi di uccelli in volo, il bar con il totocalcio, l’edicola, due banche, i taxi gialli, le auto della polizia fuori dal portone del Csm, la sala corsa ricettacolo di cavallari disperati, l’equivoco Hotel della Pace. Per me, l’Isola più vicina al Paradiso».
di Massimo Grilli, Il Corriere dello Sport