L’85% dei passaggi di denaro nel mondo avviene ancora in contanti, la sfida è digitalizzarli usando il telefono come portafoglio. Ma ci sono anche Apple, Google e Samsung, ognuno con il suo borsellino virtuale
E pensare che erano partiti proprio da lì. Nel 1998 la prima idea di Peter Thiel e Max Levchin era un sistema per scambiarsi denaro attraverso i palmari. Chi ricorda più quei mini pc? Non decollarono mai, così i fondatori di Pay-Pal ripiegarono verso i pagamenti su Internet: oggi la società di Palo Alto ha 184 milioni di utenti e serve 14 milioni di negozi online. Ed è proprio sui pagamenti con i dispositivi mobili, quell’intuizione che gli smartphone stanno rendendo realtà, che si gioca il futuro: l’85% dei passaggi di denaro nel mondo avviene ancora in contanti, la sfida è digitalizzarli usando il telefono come portafogli.
Un mercato da un trilione di dollari entro il 2018, per cui sgomitano carte di credito, banche e giganti tech come Apple, Google e Samsung, ognuno con il suo “wallet”, il suo borsellino virtuale. Qui PayPal si è fatta bruciare. Un “decennio perduto”, ha scritto Forbes del periodo passato sotto il controllo di eBay. Ritrovata l’autonomia a metà 2015, con spinoff e quotazione, il compito dell’amministratore delegato Dan Schulman, 58 anni, è recuperare. “Voglio che i clienti usino Pay-Pal non due volte al mese, ma almeno due volte a settimana”, ha detto lanciando la missione New Money. Trasformare PayPal da un “bottone sui siti web” a molto di più, una piattaforma in grado di reinventare “il movimento di denaro per il mondo intero”. A cominciare da quello nei negozi mattoni e cemento. La cosa rassicurante
è che il vecchio bottone funziona ancora benissimo. Nel suo mercato originario, gli acquisti online, PayPal cresce a ritmi forsennati. Un occhio ai bilanci: 278 miliardi di pagamenti transati nel 2015, 9,2 miliardi di fatturato e 1,2 di utili. Numeri che quest’anno saliranno del 20%, il ritmo a cui gli acquirenti si convertono dallo shopping fisico a quello digitale. In Italia la società ha 5,5 milioni di conti attivi e copre il 26% delle transazioni contro il 68% di tutte le carte. Si intuisce quale potenziale di crescita abbia il suo prodotto base, quel salvadanaio digitale con cui comprare in Rete senza esporre i dati della carta di credito o del conto: “La percezione di sicurezza ha convinto molti ad avvicinarsi all’e-commerce”, spiega Valeria Portale, direttore dell’Osservatorio sui pagamenti mobili del Politecnico di Milano. “Ed è ancora più importante quando si compra da mobile”.
Bei visionari i cervelloni della “mafia”, come chiamavano la cricca di 30enni che ha fondato PayPal. Vedere che hanno combinato dopo averla venduta a eBay nel 2002. Il glaciale Peter Thiel è stato il primo a investire in una startup di nome Facebook, per poi creare Palantir, azienda di big data che serve le intelligence di mezzo mondo, valore 20 miliardi. Reid Hoffman ha fondato LinkedIn, Chud Hurley YouTube. E il vulcanico Elon Musk, tra auto elettriche (Tesla), viaggi spaziali (SpaceX) e treni superveloci (Hyperloop) pare l’erede di Steve Jobs. Dopo la cessione, 40 dei 50 “mafiosi” se ne sono andati. Secondo alcuni è stato l’inizio della fine. “Esagerano, PayPal è sempre stata gestita in autonomia”, dice Angelo Meregalli, capo della società in Italia. Ma riconosce che “l’obiettivo di eBay era massimizzare le sinergie”.
La società ha continuato con quello che sapeva fare, i pagamenti online. Riuscendo a anticipare la transizione dell’e-commerce dai computer al mobile, acquisendo nel 2013 per 900 milioni Braintree, la piattaforma di incasso per negozi digitali adottata da Uber e AirBnb. Il suo One Touch permette agli utenti, una volta inseriti nome e password, di effettuare gli acquisti su app e siti diversi con un solo tocco. Il risultato è che chi inizia i processi di pagamento con PayPal li conclude nell’87,5% dei casi, un tasso di conversione per cui i venditori sono disposti a pagare commissioni più alte. Nonostante anche Apple Pay e Amazon si affaccino sul mercato dei pagamenti online, e Visa Checkout provi a rendere più immediato il pagamento, gli analisti si aspettano che l’e-commerce garantisca a Pay-Pal una crescita a due cifre nel medio periodo. Ma il mercato non si accontenta del futuro prossimo. È quello più lontano che Schulman prepara, con due miliardi di liquidità in cassa per acquisizioni. “Ora che siamo autonomi possiamo cambiar passo”, dice Meregalli.
Venmo, app per scambiare denaro tra privati attiva negli Usa, permetterà presto di pagare anche i negozianti. Xoom, acquisita lo scorso novembre, serve a inviare soldi all’estero, buona per il mercato globale delle rimesse. I servizi di credito al consumo verranno potenziati. Ma soprattutto, per attaccare i negozi fisici, c’è Paydiant, comprata per 280 milioni di dollari ad aprile 2015. Il tentativo, secondo Meregalli, “di distinguerci nel punto vendita come facciamo online”. Oltre a una piattaforma di pagamento, Paydiant offre agli esercenti servizi come assistenza clienti, punti lealtà o coupon. Si integra nella app fedeltà delle grandi catene, permettendo loro di mantenere il contatto con il cliente, e consente di pagare attraverso codici QR o numerici. Per ora però non basta a giustificare il costo “premium” di PayPal. Il portafoglio virtuale su tecnologia Paydiant a cui avevano aderito colossi come Walmart, Target e BestBuy sta per essere abbandonato dopo una fase di test. Walmart ha lanciato Pay, un wallet proprietario. In Italia, dove è arrivata a inizio anno, Paydiant ha pochi clienti. Mentre per i piccoli negozianti sono più attraenti soluzioni alla Square, il lettore di carte che trasforma lo smartphone in un Pos.
“PayPal è un’ispirazione, ma nel mondo del commercio fisico sta fallendo”, dice Alberto Dalmasso, fondatore di Satispay. La startup italiana ha messo a punto una tecnologia di pagamento attraverso bonifici Sepa, indipendente dai circuiti delle carte, e offre ai negozianti pagamenti gratuiti sotto i dieci euro e a 20 centesimi sopra. “La chiave per convincere gli esercenti è il prezzo”, dice Dalmasso. Le carte hanno commissioni attorno all’1,5%, quelle di PayPal possono salire oltre il 3. Ma pure dal lato acquirente la società di Palo Alto non è riuscita a replicare la leadership che ha online. Ha lasciato da parte la tecnologia Nfc, il wireless a corto raggio, su cui invece si sono lanciati Apple e Samsung, considerandola la più comoda per l’utente. Basta avvicniare il telefono a un Pos abilittao e scatta il pagamento, E ora che l’Nfc sta prendendo piede è stata costretta a una brusca inversione. In Spagna ha lanciato una partnership con Vodafone per gestire i pagamenti dal wallet dei suoi cellulari. Esperimento di successo, dice Meregalli, che nel secondo semestre potrebbe essere replicato in Italia. Mentre un altro accordo è in fase di discussione con Visa. Una strada obbligata quella delle partnership, visto che PayPal ha lo svantaggio di non produrre dispositivi e sistemi operativi, che nel mondo fisico contano eccome. Ma una strada su cui carte, compagnie telefonciche, produttori di smartphone, banche e gli stessi retailer sono sia alleati che concorrenti, per chi incamera il margine più ampio sul pagamento e, risorsa pure più preziosa, i dati dei clienti. PayPal ha vinto nei negozi digitali. La battaglia per quelli fisici è appena iniziata.
Repubblica