di Cesare Lanza
Sono nato nella misera Italia distrutta dalla seconda guerra mondiale, ricordo con piacere il Natale perché arrivava un regalo. Uno, ho detto! E durante l’intero anno, nisba. Ma adesso?
Anche se siamo in crisi (niente di paragonabile con la povertà degli anni della guerra e dell’immediato dopoguerra) decine di pacchetti sotto l’albero. Non si fa a tempo ad aprirne uno che insorge la curiosità, dopo aver appena dato un’occhiata al regaluccio, di verificare che cosa ci sia negli altri. Un’orgia di sciocchezze, di futilità, di baci e parole tanto mielose, che se influissero sulla glicemia, io diabetico morirei di colpo.