di Cesare Lanza
Scommettiamo che il Web, ormai dominus nell’informazione, infliggerà a Renzi un’altra batosta, visto che il premier dimissionario continua a non coglierne i segnali? L’aspetto paradossale è che, come Beppe Grillo, Matteo aveva capito l’importanza di internet, imperversando con i tweet. Ma poi, immerso nel suo intimo delirio di potenza, non ha afferrato il senso del diluvio di vignette, sfottimenti, accuse che minuto per minuto i frequentatori dei social network gli dedicavano. Non solo. Dopo l’inequivocabile verdetto del referendum, da una parte ha detto che non supponeva di essere tanto odiato, dall’altra continua a tramare come niente fosse, incurante dei festeggiamenti per il No e delle ostilità che gli arrivano, sul Web, sia da chi ha vinto, sia da numerosi sostenitori del Sì. L’ambizione prevale sulla ragionevolezza. Renzi da retta ai cortigiani che gli attribuiscono il possesso di quel 40% dei voti sconfitti. Il Web è il portavoce, il termometro degli umori popolari. Ma Renzi non si da per vinto. Non capisce che avrebbe qualche possibilità un giorno di riemergere, se prima avvertisse il buon gusto di starsene calmo e zitto, in disparte per un po’, placando le sue smanie di grandezza. E invece no. Vorrebbe andare alle elezioni subito, vorrebbe che Sergio Mattarella nominasse, per la transizione, un successore di sua fiducia, un Pier Carlo Padoan 0 un Paolo Gentiloni, neanche Dario Franceschini, cocco del presidente, gli starebbe bene. Neanche Pietro Grasso, soluzione istituzionale, presidente di quel Senato che voleva asfaltare. E i social network continuano a impallinarlo.
di Cesare Lanza, La Verità