di CESARE LANZA
Scommettiamo (lo ammetto, è una scommessa antipatica) che Stefano Pioli non riuscirà a rilanciare l’Inter? Dopo il derby confermo quanto avevo scritto domenica, nella presentazione. Da escludere che Vincenzo Montella potesse perdere, il pareggio era il risultato più probabile ma il Milan poteva vincere, Pioli avrebbe dato all’Inter un po’ di carica, niente di più. E cosi è stato. Lungi da me la tentazione di autocelebrarmi: il pronostico non era difficile. Mi interessava, e mi interessa, il rilancio dell’Inter, club essenziale per la qualità e la nobiltà del campionato italiano. Pioli, purtroppo, non è in grado di guidarlo: sarà un allenatore di transizione, con lui si butta via un campionato che poteva ancora essere recuperabile. Mi dispiace che i tifosi interisti ricordino solo i trionfi dei Moratti padre e figlio, di Helenio Herrera e di José Mourinho. Perché lo scudetto più grande, per il gioco e per i numeri, fu quello di Ernesto Pellegrini e della squadra guidata da Giovanni Trapattoni. All’epoca dirigevo Lanottee ribattezzai quell’Inter come «la Stupenda»! (A proposito: ieri Pellegrini festeggiava un suo libro di memorie e io non sono riuscito a essere presente, vittima di un furioso attacco allergico. A questo bravissimo imprenditore vorrei mandare almeno auguri virtuali). Ma torniamo a Pioli: non è Trapattoni, né Herrera, né Mancini, né Mourinho. È un bravo artigiano di scuola italiana: buon senso e limitate qualità. Non è neanche un «nome», rischia – in caso di insuccessi – di essere travolto. Nel derby ha azzeccato il pareggio all’ultimo istante. Riuscirà forse a tirar fuori l’Inter dai bassifondi, ma certo non a rilanciarla ai vertici.
di Cesare Lanza, La Verità