Radio Padania vende a Suraci

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L’emittente della Lega resta ma continuerà a trasmettere solo in ambito locale. Per il patron di Rtl una radio comunitaria e 136 frequenze

salvini_matteoRadio Padania solo per i padani. Via la concessione di radio comunitaria nazionale, via 136 frequenze occupate qua e là per l’Italia che in passato (quando si poteva) venivano rivendute alle radio commerciali per fare cassa. L’emittente della Lega continuerà a trasmettere nel proprio territorio d’elezione, grazie all’acquisizione di una concessione radiofonica locale e al mantenimento delle frequenze più importanti per illuminare il nord Italia.
Ma la seconda parte della notizia è ugualmente interessante.
Perché ad aver acquisito concessione nazionale e gran parte degli impianti di Radio Padania per 2,1 milioni di euro è stato Lorenzo Suraci, patron di Rtl 102,5, prima emittente per ascolti nel Paese, e di fatto anche di Radio Z l’italiana. Per poter concludere l’operazione, Suraci ha creato la AcrcAssociazione Culturale Radiofonica Comunitaria, dal momento che Radio Padania non poteva vendere le sue frequenze a una radio commerciale e il ministero dello sviluppo economico aveva detto no a un primo tentativo di cessione diretta a Radio Mobilificio di Cantù, che possiede Radio Z.
Parallelamente, la concessione locale commerciale acquisita da Radio Padania era di Radio Mobilificio di Cantù.
Ci sono quindi due filoni da seguire. Il primo è il destino di Radio Padania, che continuerà a trasmettere anche senza l’intervento finanziario della Lega, invocato dai responsabili dell’emittente l’anno scorso.
A pesare sui conti era stato sia lo stop nel 2014 da parte del ministero alla pratica di vendere alle radio commerciali frequenze aperte con una semplice comunicazione, in virtù di una norma per le radio comunitarie introdotta nella finanziaria del 2011 con emendamento del leghista Davide Caparini; sia lo stop ai contributi pubblici deciso dal governo Renzi per questo tipo di emittenti.
Da ora in poi, se tutti i tasselli andranno al loro posto, l’emittente del partito guidato da Matteo Salvini potrà proseguire più snella, senza la gestione di impianti su tutto il territorio italiano, che tanto non avrebbe più potuto rivendere, affidandosi ad altre fonti di ricavi come la pubblicità e i contributi dei sostenitori.
Già con il bilancio dello scorso anno sono state coperte le perdite del 2014 e del 2015, di fatto anticipando gli effetti della vendita a Suraci. Nello stato patrimoniale, infatti, è apparsa una riserva particolare, dove è confluito il valore delle frequenze, fino ad allora mai considerato.
Sul lato Suraci, difficile sapere con esattezza cosa farà la Acrc delle frequenze. Intanto resta da vedere se il ministero, che ha chiesto parere sulla questione all’avvocatura dello stato, concederà la voltura da Radio Padania alla nuova associazione. Si tratta infatti di frequenze occupate in base alla norma citata prima (art. 74 legge 448/2001) che garantiva di poter aprire impianti liberamente per raggiungere almeno il 60% di copertura del territorio, a patto di non interferire con altri soggetti.
Possibili problemi col ministero a parte, però, la prima cosa che verrebbe in mente è che Suraci possa usare almeno parte delle frequenze ex Padania per Radio Z. Invece l’imprenditore potrebbe giocarsi la carta della radio comunitaria nazionale per fare qualcos’altro. Intanto perché la posizione del ministero sul passaggio di queste frequenze a radio commerciali è chiara, e poi perché Radio Z ha una concessione locale e non potrà mai superare i 15 milioni di abitanti di copertura (anche in diverse regioni). Con una nuova radio comunitaria, invece, Suraci sarebbe libero di realizzare un nuovo progetto (magari sulle orme di Radio Z), ma a livello nazionale.
La differenza rispetto a una commerciale? Un tetto del 10% di pubblicità anziché del 20%. In compenso, però, Suraci potrà completare la propria rete senza problemi, cosa che oggi per una radio nazionale commerciale è piuttosto difficile, aprendo laddove deve raggiungere la copertura alla pari di quanto fatto finora da Radio Padania e Radio Maria, l’unica altra radio comunitaria nazionale nel Paese.
La vendita a singhiozzo è un’altra particolare caratteristica di questa vicenda. Il primo tentativo è stato fatto il 9 giugno di quest’anno: Radio Padania vende in blocco con scrittura privata autenticata a Radio Mobilificio di Cantù, ma il 27 giugno la direzione generale competente per il ministero nega la voltura della concessione e degli impianti aperti con le prerogative di radio comunitaria (tutti quelli del pacchetto).
A questo punto, i rappresentanti delle due parti si ritrovano dal notaio il 5 agosto: Radio Padania Libera e Radio Mobilificio di Cantù risolvono la scrittura privata precedente e tutto ritorna ai legittimi proprietari, soldi e frequenze. Nella nuova scrittura però, si vende di nuovo e appare anche un terzo soggetto, l’Associazione Culturale Radiofonica Comunitaria, creata un giorno prima, il 4 agosto, stessa sede di Radio Mobilificio di Cantù a Bergamo e rappresentata da Suraci. La cessione così ha di nuovo luogo: stessi impianti e stessi soldi.

di Andrea Secchi, ItaliaOggi