Diventa legge la riforma del settore. Entro sei mesi i decreti del governo per le regole attuative. Servizio pubblico tv al restyling. Liberalizzate le edicole
La riforma dell’editoria è legge. Nasce così ufficialmente il nuovo e unico Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione (emittenza locale compresa), vengono ridefiniti i criteri per l’assegnazione dei contributi diretti ai giornali, diventa operativo il tetto di 240 mila euro per gli stipendi Rai e verrà definito un limite anche per le retribuzioni presso le testate che beneficiano di aiuti pubblici, senza dimenticare l’innalzamento dei requisiti per i prepensionamenti tra i giornalisti (molte testate sono già in attesa dei prossimi fondi) e la durata portata a dieci anni del servizio pubblico.
Ieri, la camera ha approvato in seconda e definitiva lettura queste misure con 275 voti a favore, 80 contrari e 32 astenuti, senza modificare ulteriormente il testo gli emendamenti inseriti a metà settembre dal senato (vedere ItaliaOggi del 15/9/2016).
Con la riforma promossa dal sottosegretario Luca Lotti si razionalizzano i fondi da assegnare e si semplificano le regole, ma adesso l’attenzione si sposta sui decreti attuativi (come sostenuto già ieri da Fnsi e Fieg) che la presidenza del consiglio dovrà emanare entro sei mesi per definire i parametri operativi della legge e l’effettiva dotazione di risorse a sostegno del comparto. Sul fronte dei budget, in particolare, restano da stimare i fondi a disposizione dall’extra gettito del canone Rai così come i contributi di solidarietà delle cosiddette concessionarie pubblicitarie. Secondo quanto risulta a ItaliaOggi, invece, tra risorse per l’editoria e quelle per l’emittenza locale, nel 2016, ci sono sul tavolo (almeno) 174 milioni. E l’intera disponibilità del nuovo Fondo resta tutta da stabilire.
Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione. Il governo dovrà delineare nuovamente con decreto attuativo la platea dei beneficiari dei contributi pubblici diretti. Per esempio tra le cooperative giornalistiche, le tv locali, gli enti senza fini di lucro, le testate pubblicate all’estero ma con l’esclusione dei giornali di partito e dei periodici specialistici per esempio. I giornali destinatari di aiuti dovranno avere, comunque, un’edizione digitale. Gli aiuti saranno erogati in base alle copie effettivamente vendute (e non più in base alle tirature), con un tetto massimo liquidabile e differenziando testate nazionali e locali. Incentivi sono previsti sia per chi assume a tempo indeterminato lavoratori sotto i 35 anni di età sia per chi copre spese per la digitalizzazione.
Edicole. Vengono liberalizzate introducendo progressivamente orari flessibili di apertura, un assortimento diversificabile della merce (non solo quotidiani e periodici) e dei servizi offerti e ancora avviando l’informatizzazione dei punti vendita.
Stipendi Rai (e non solo). Il limite di 240 mila euro si applica agli amministratori, ai dipendenti e ai consulenti del soggetto affidatario della concessione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale. La riforma prevede anche una riduzione delle risorse assegnate dal Fondo per il pluralismo alle imprese che versano stipendi oltre i 240 mila euro.
Pubblicità. Sono previste agevolazioni fiscali per gli investimenti incrementali su quotidiani e periodici, oltre che sulle emittenti televisive e radiofoniche locali, con una particolare attenzione agli inserzionisti di piccole-medie dimensioni e delle start-up.
Prepensionamenti e stati di crisi. Per equiparare il trattamento dei giornalisti a quello generale, vengono aumentati i requisiti di anzianità anagrafica e contributiva per l’accesso ai trattamenti di pensione di vecchiaia anticipata. Al governo spetterà determinare le nuove regole per gli stati di crisi delle società che vogliano accedere ad ammortizzatori sociali e agli stessi prepensionamenti.
Servizio pubblico. La concessione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale avrà durata decennale e sarà preceduta da una consultazione pubblica sugli obblighi che comporta il servizio. Sarà affidata con decreto della presidenza del consiglio su proposta del ministero dello sviluppo economico con quello dell’economia.
Italia Oggi