Due casi che si intrecciano, una rapina e l’omicidio di un notissmo cantante popolare, un commissario che pare aver appeso le scarpe al chiodo, il pubblico dei talkshow sempre avido di scandali, Roma, città di indescrivibile bellezza e covo di faccendieri senza scrupoli. Il mondo dello spettacolo con tutte le sue miserie è lo scenario in cui si consumano le povere vite di imprenditori televisivi, piccoli malavitosi di quartiere, ragazze in cerca di fama, divertimento e denaro facile. E poi l’altro versante del racconto, l’amicizia tra un uomo di legge e un vecchio amico nei guai, i pochi, seri giornalisti di inchiesta che collaborano per far emergere la verità, la purezza della moglie del commissario, così diversa dai protagonisti della storia, una boccata di aria fresca in un giallo che si spende molto sui retroscena più agghiaccianti dell’universo televisivo.
Universo che nella sua superficie è identico in tutto e per tutto a quello che lasciamo “entrare nei nostri salotti” ogni pomeriggio, fatto di re e regine di ascolti, osannati da spettatori catatonici che pendono dalle loro labbra, benefattori dei più deboli, dei veri e propri “Cuori d’Oro”. Questo è ciò che vediamo e di cui ci rendiamo conto tutti. De Andreis si spinge oltre: nel dietro le quinte delle vite di questi stessi personaggi. Personaggi appunto, nulla di più. De Andreis è un autore tv e per questo sa descrivere i meccanismi di un mondo a lui noto: dai discorsi architettati alla perfezione dell’incantatore dei popoli, conduttore del programma di punta della rete, farciti di lascrime a comando e buonismo, fino alle inchieste scomode, controcorrente e coraggiose di una giornalista in gamba il cui nome evoca tanto quello di Milena Gabanelli. E chissà di quanti altri parallelismi è disseminato questo poliziesco.
“Una volta era come dicevi tu, ora se non parli, non esisti. La gente va di corsa, non può verificare, controllare, si deve fidare. Se dico che tizio è bravo, buono e onesto e lo dico con la musica, le parole e il tono giusto, questo diventa una verità assoluta”.
È su questa ben nota doppia faccia dei personaggi pubblici a mio avviso, più che sulla suspense delle indagini, che il racconto punta. Le dinamiche crimanali che portano all’omicidio sono efferate quanto comuni e arcinote, la falsità convincente, la recitazione impeccabile, la doppia vita insospettabile delle persone, invece, lasciano sempre spiazzati.
Uno degli aspetti più interessanti riguarda l’ex ispettore che indagherà sull’omicidio, il vero protagonsta del libro, che all’inizio ci appare, ormai cinico e disilluso:
“Crescendo si accettano fatti che da giovani è impossibile capire. È il peso dell’esperienza, degli errori, delle botte prese. In altri tempi si sarebbe battuto per la verità, ora gli bastava aver smetito una menzogna.”
Il libro di De Andreis è un noir atipico, in cui a vincere, nonostante la decadenza generale che sembra soffocare ogni speranza, sono i buoni. È rassicurante vedere che alla fine, grazie a una buona squadra, l’ex ispettore riuscirà a fare molto più di quanto ci si sarebbe aspettati da lui: scagionerà gli innocenti, demolirà i colpevoli e soprattutto farà emergere la verità per tanto tempo sepolta.
di Serena Tambone