Le ipotesi Nagel e Cimbri e quelle voci di possibile integrazione con Mediobanca. La Bce avrebbe acceso un faro. Unicredit è l’unica Sifi (banca di sistema) tra le banche italiane
La pressione su Unicredit resta alta. Non solo in Borsa, dove ieri il titolo dell’istituto ha perso un altro 1,95% avvicinandosi sempre di più alla soglia dei 2 euro. C’è pressione anche da parte dei soci, preoccupati per l’allungamento dei tempi per la ricerca del nuovo amministratore delegato che, secondo quanto ha detto il presidente Giuseppe Vita, richiederà ancora due mesi. Anche la Bce avrebbe acceso un faro. Unicredit è l’unica Sifi (banca di sistema) tra le banche italiane.
Gli azionisti, seppur con visioni diverse, guardano tutti con uguale preoccupazione alla progressiva discesa del titolo in Borsa. Preoccupazione per le variabili a cui è esposta in questo momento la banca, nell’imminenza del referendum inglese sulla Brexit, ma anche in prospettiva in vista di un aumento di capitale, su cui ormai pochi hanno dubbi, che potrebbe superare i 5 miliardi. Da fine marzo, quando valevano 4 euro, i titoli Unicredit hanno perso quasi il 50% (2,21 euro ieri) facendo scendere a 13,5 miliardi la capitalizzazione. Anche se i tempi saranno decisi del nuovo amministratore delegato, un prezzo basso rischierebbe di invogliare i fondi avvoltoio e gli hedge a entrare in Unicredit cogliendo l’opportunità di un forte sconto.
Le fondazioni, a quanto risulta, sotto un certo livello di prezzo non sottoscriverebbero. Quanto ai soci privati (Del Vecchio e Caltagirone su tutti), l’irritazione è forte. Già avevano gradito poco l’apertura di una crisi «al buio» al vertice della banca, senza cioè aver pronto il nome del nuovo capoazienda, e ora l’allungamento dei tempi certo non sta aiutando. Così come le voci sui possibili candidati (da Marco Morelli di Bofa-Merrill Lynch a Carlo Cimbri di Unipol a Flavio Valeri di Deutsche Bank), alcuni graditi ai soci.
La soluzione più immediata passerebbe per l’accelerazione delle procedure per la nomina ma la Egon Zhender, a cui è stata commissionata la ricerca, non ha ancora terminato il suo lavoro. E restano comunque da superare le divisioni tra i soci. C’è chi preferirebbe un «outsider» straniero e chi invece vorrebbe subito la nomina di un banchiere italiano. «C’è un comitato nomine che si occupa di questo, c’è un processo. Quando saranno arrivati alla conclusione nomineranno il nuovo ceo», ha tagliato corto ieri Gianni Franco Papa, vice direttore generale dell’istituto e primo in lista nel «Piano di successione» predisposto da Unicredit. «Continuiamo ad operare con il vento in poppa, in modo proficuo» ha aggiunto il manager.
I tempi lunghi di cui ha parlato Vita potrebbero servire non solo a individuare il nome del nuovo amministratore delegato ma anche a definire il percorso che dovrà fare Unicredit. Percorso che potrebbe anche incrociarsi con quello di Mediobanca nell’ottica di un’integrazione che rafforzerebbe l’istituto di Piazza Gae Aulenti, portando al contempo Piazzetta Cuccia nell’alveo della prima banca internazionale del Paese. Unicredit è il primio socio di Mediobanca e le voci di integrazione si rincorrono da tempo. Ora, complice la situazione che si è venuta a creare con la sfiducia a Ghizzoni, sono tornate. In questa chiave sono state lette le voci che danno Alberto Nagel come possibile candidato alla guida di Unicredit. Ieri Mediobanca ha riunito il consiglio, ma non si sarebbe parlato di questo tema.
di Federico De Rosa, Corriere della sera