Senza televisione telefono computer e radio, alla fine non ho resistito e sono andato a vedere la partita in un bar di un paese piemontese, dove mi trovo – in eremitaggio – in questi giorni. Era un’emozione che non provavo da cinquant’anni. Le urla dei tifosi coprivano sempre e completamente la voce del telecronista. Le grida e i commenti non erano di radice oxfordiana, ma espresse con linguaggio nazionalpopolare, di universale comprensione. Un campionario? «Porca troia maledetta!», «Vaffanculo, arbitro dei miei coglioni», «E passa il pallone, stronzo», «Tira, bastardo», «Pezzo di merda, incapace!», «Puttana Eva» (questo è un classico, mai capito perchè Adamo sia esente da insulti)… Gli epiteti erano equamente divisi tra i nostri, i belgi e l’arbitro. Un pò di rispetto solo per il nostro cittì Antonio Conte. E io? Flemmatico davanti al mio cognac, che sorseggiavo alla fi ne di ogni rischio, svanito, per la squadra italiana. Ma quando ha segnato Giaccherini e alla fine Pellè (2-0 per noi) anch’io sono balzato in piedi come tutti urlando gol e ho abbracciato i miei vicini di sedia. Alla fi ne, nella festa rumorosa, mi ha colpito il cauto commento di un signore anziano: «Ma ancora non abbiamo fatto niente. Abbiamo battuto il Belgio, la seconda squadra più forte del mondo, ma noi siamo grandi con i grandi e pasticcioni con i deboli…» Come dire: attenzione a Irlanda e Svezia, le prossime avversarie, meno temibili. Mi ha ricordato uno dei celebri proverbi arrangiati dal mitico Giovanni Trapattoni che diceva: «Non dire sacco se non lo hai nel pacco».
Cesare Lanza alle 5 della sera, ItaliaOggi