Il Salotto di Piazza Affari tra conferme e licenziamenti il lento ricambio dei manager

Share

Si è aperta una stagione di ricambio ai vertici delle maggiori società italiane. Ma molto c’è ancora da rinnovare perché ci sono presidenti e ad in carica anche da decenni. A partire dal decano: Giorgio Ferrari, presidente di Credem da 24 anni

giorgio_ferrari_-_presidente_credem_1C’è un’ondata di rinnovamento ai vertici della società quotate a Piazza Affari, che dari registrati negli ultimi una parte è la coda di un lungo periodo di crisi e dall’altra è la conseguenza dei cambiamenti negli assetti azionamesi da alcune grandi aziende. Quest’anno a sorpresa, e prima della scadenza del mandato, Marco Patuano di Telecom Italia, Mario Greco di Assicurazioni Generali e ora Federico Ghizzoni di Unicredit, hanno lasciato il timone in mano ad altri. Ma nella foresta pietrificata del credito, laddove non c’era ancora stata un’ondata di consolidamento, tra necessità di capitali e trasformazioni delle popolari in spa, figure storiche come Giovanni Berneschi di Carige, Vincenzo Consoli di Veneto Banca e Gianni Zonin della Popolare di Vicenza sono state costrette a fare un passo indietro. “Solo il 30% delle aziende del Ftse Mib e il 40% delle banche ha elaborato un piano di successione – spiega Fabio Bianconi, esperto di governance per Sodali – nel caso degli istituti di credito la spinta è arrivata dal regolatore. Per i grandi fondi esteri, il fatto che un’azienda abbia un chiaro piano di avvicendamento al vertice è fondamentale per investire nell’ottica di lungo periodo”. Il caso è diverso per il management delle grandi società pubbliche, per le quali i cambi sono influenzati dai cicli politici. Fa eccezione Giuseppe Bono, classe 1944, che è stato appena rinnovato per un altro triennio al timone di Fincantieri, azienda che governa dal 2002 nonostante che sotto la sua gestione il gruppo abbia registrato ritorni negativi sul capitale investito. Il mondo delle aziende private è invece più cristallizzato, ha superato diverse crisi, in molti casi ha saputo rinnovare e diversificare, ma nonostante i mutamenti dei mercati dell’ultimo decennio, i vertici sono spesso rimasti stabili sia che si trattasse di pubblic company come StM o Prysmian, sia che si trattasse di aziende a controllo familiare. “Il mercato dei ceo Italiani è un po’ statico – ammette Bianconi – perché la lingua è un limite oggettivo”. E se per le public company, come nel sistema anglosassone, ci vuole davvero un grave motivo per sostituire un ceo, il cambiamento dei manager delle aziende familiari è spesso guidato dall’avvicendamento delle nuove generazioni. “Qualche anno dopo che ci siamo insediati in azienda dopo l’improvvisa scomparsa di mio padre e di mio zio – ricorda Beniamino Gavio, presidente di Argo, la finanziaria della famiglia tortonese che controlla Sias e Astm – mio cugino Marcello ed io abbiamo sentito l’esigenza di un cambio di passo, per fare spazio a nuovi manager e a giovani che erano in azienda. Adesso stiamo invece pianificando l’inserimento di nuove figure, pensando anche al successivo passaggio generazionale”. Due anni fa in casa Berlusconi si sono rinnovati i vertici, con l’avvicendamento in Mondadori di Ernesto Mauri al posto di Maurizio Costa e in Mediaset di Pier Silvio Berlusconi al posto di Giuliano Adreani . E nel piano di successione di Mediaset, allegato alla relazione della governance 2015 del gruppo si legge: “Il Consiglio non ritiene allo stato attuale necessaria l’adozione di un piano di successione per gli amministratori esecutivi, stante la stabile struttura della compagine azionaria e l’attuale assetto di deleghe di potere della società”. In casa Ferragamo sono state invece prese decisioni diverse. Va detto però che l’amministratore delegato che ha guidato il rilancio e la quotazione del gruppo del lusso, Michele Norsa, ha appena lasciato le deleghe per motivi personali, e la famiglia lo ha subito sostituito con Eraldo Poletto, ex numero uno di Furla. Nella relazione sulla governance del gruppo relativa al 2015 si legge: “Il cda ha valutato il tema della successione degli amministratori e ritenuto che qualora si verificasse l’esigenza improvvisa di procedere alla sostituzione di uno degli amministratori esecutivi nel corso del loro mandato, la società può contare su membri del consiglio con una lunga e consolidata esperienza nella conduzione e su manager di prima linea con affidabili competenze e capacità gestionali”. Un messaggio rassicurante per gli investitori di Ferragamo, che sanno che Poletto è affiancato da una squadra di esperti. “Nel corso dell’esercizio la tematica, stante la sua rilevanza strategica – conclude la relazione di Ferragamo – è stata oggetto di attenzione dell’azionista di controllo e di informativa al cda e al Comitato per le Remunerazioni e Nomine della Società”.
Dopo i molti cambiamenti che si sono verificati da inizio anno altri ne seguiranno a breve perché oltre l’anzianità aziendale, anche l’età media dei manager di Piazza Affari è maturata con gli anni. A questo, secondo gli esperti, si deve il fatto che se alcuni manager hanno lasciato per posizioni migliori, in pochi in questi anni di crisi hanno lasciato in contrasto con gli azionisti di maggioranza, come fu per Rocco Sabelli con Piaggio. Molti dei prossimi cambiamenti riguarderanno il comparto finanziario che è in una fase di rivoluzione e aggregazione, ma anche l’industria non resterà esente, come sta succedendo un po’ in tutto il mondo nel settore del lusso delle tecnologie. Da mesi, ad esempio, si scommette su un ricambio ai vertici di StM dove Carlo Bozotti è al comando da 11 anni e in azienda da 39.
“Non me ne sono ancora andato perché in questi anni l’azienda ha cambiato perimetro molte volte – confessa l’ad di una grande società italiana quotata, che però chiede di rimanere anonimo – ma a un certo punto bisogna cambiare, perché tu per primo non hai più la stessa freschezza e tendi a diventare un po’ parte della mobilia”.

Repubblica