Giornate bollenti per l’industria dell’auto in tutto il mondo, dall’America al Giappone, dove solo due giorni fa Mitsubishi ha ammesso di aver manipolato i dati di emissioni di alcune K-car vendute unicamente in madrepatria. A sette mesi dallo scoppio del “dieselgate”, le indagini dei governi continuano a dare risultati, a volte anche contrastanti: l’inchiesta inglese non ha rilevato nuove irregolarità, in Francia il nucleo anti frode ha disposto un’ispezione per PSA, l’America chiede chiarimenti a Daimler mentre trova un accordo, ma solo in sede civile, con Volkswagen.
REGNO UNITO, “NIENTE DI ILLEGALE”
Tutte e 37 le auto esaminate dal governo inglese (Euro 5 e 6, 20 marche diverse) durante le prove di guida reale eccedevano da 3 a 10 volte la quantità di NOx ammessi, ha detto il ministro dei Trasporti annunciando i risultati definitivi dell’indagine. Ma nessuna, a parte le già note Volkswagen, era dotata di un software specifico per ingannare le misurazioni. L’indagine inglese, insomma, pare evidenziare ancora una volta la discrepanza fra i test di omologazione condotti in laboratorio e le emissioni reali su strada: “niente di illegale” finché non saranno introdotti nuovi metodi di misurazione, come ha sottolineato il ministro dei Trasporti Robert Goodwill.
FRANCIA, BLITZ NELLA SEDE DI PSA
Non tutti i Governi, però, sono così tranquilli. In Francia, il gruppo PSA (Peugeot, Citroen, DS) ha subìto un’ispezione degli investigatori della divisione anti frodeDGCCRF, così come già era capitato alcuni mesi fa alla Renault. Secondo il quotidiano Le Monde, l’ispezione intendeva verificare le possibili anomalie relative a tre modelli. Il gruppo PSA si dice certo dell’efficacia del suo sistema di post trattamento dei gas di scarico e ribadisce la volontà di pubblicare, come ha già fatto per alcuni modelli, i risultati di consumo reale ancora prima che sia obbligatorio per legge.
GERMANIA, DER SPIEGEL: 56 MODELLI SU 58 SONO FUORI NORMA
In Germania, i risultati della verifica ufficiale su 58 modelli alimentati a gasolio fra quelli più venduti nel paese annunciata dopo l’esplosione del dieselgate non sono ancora stati resi noti. Ma secondo informazioni raccolte dal settimanaleDer Spiegel, soltanto due modelli (uno dei quali a marchio BMW) avrebbero rispettato i limiti di NOx previsti. Per proteggere il motore, la norma sulle emissioni consente una sorta di “finestra termica” (sfruttata ad esempio da Mercedes-Benz) per escludere il sistema di abbattimento degli ossidi di azoto quando le temperature sono basse. In genere sotto i 10°, ma Spiegel riferisce di una Opel che spegne il sistema già alla soglia dei 17°. La casa del Fulmine non ha smentito la circostanza, scrive il settimanale, ma ha spiegato che non è stato sviluppato per falsificare i dati.
DAIMLER, INDAGINE INTERNA SU RICHIESTA DEGLI STATI UNITI
In Germania, invece, Daimler deve vedersela con il governo americano. Il gruppo proprietario di Mercedes e Smart ha annunciato ieri di avere aperto un’indagine interna sui processi di certificazione delle emissioni su richiesta del dipartimento di Giustizia americano. Gli Stati Uniti, pur non avendo aperto un’inchiesta ufficiale, hanno chiesto chiarimenti dopo che alcuni clienti, a inizio aprile, hanno una depositato una class action contro Mercedes, accusandola di avere installato un “defeat device”, ovvero un software truffaldino, sulle sue vetture diesel. L’avvocato americano Hangens Berman, che aveva già depositato una causa a febbraio, accusa i diesel BlueTEC Mercedes di produrre su strada molti più NOx che sui rulli. La Casa tedesca ha bollato come “prive di fondamento” le accuse ma ha deciso di collaborare con le autorità americane.
VOLKSWAGEN TROVA UN ACCORDO IN AMERICA
Sul fronte principale del dieselgate, ossia su quello che vede contrapposti Volkswagen e il governo americano, è stato finalmente raggiunto un “accordo di principio” col ministero della Giustizia statunitense e le agenzie Epa e Carb. I dettagli saranno comunicati nelle prossime settimane, fa sapere la Volkswagen in una stringata nota ufficiale, ma la stampa americana riporta l’annuncio del giudice americano Charles Breyer, che presiedeva la corte a San Francisco (nella foto in alto, una cliente protesta davanti al tribunale): Volkswagen ha accettato di offrire diverse soluzioni ai proprietari dei 482.000 veicoli Audi e VW equipaggiati con il 2.0 TDI modificato. Fra queste, la possibilità di restituire l’auto, di cancellare il leasing e di fare ripristinare l’auto, opzione quest’ultima che deve ancora trovare l’approvazione tecnica del governo. Volkswagen, inoltre, istituirà un fondo per rimediare ai danni ambientali causati dall’eccesso nella produzione di gas NOx e per promuovere la diffusione dei veicoli “green”. Un pacchetto che, secondo le prime stime, potrebbe costare all’azienda 10 miliardi di dollari: l’accordo eviterà l’apertura del processo civile e bloccherà circa 600 class action, ma non ferma le indagini in ambito penale.
La Stampa