Il giorno dopo la bufera sulla Rai per la scelta di mandare in onda ieri sera l’intervista di Salvo Riina, figlio del boss Totò, a Porta a Porta, i vertici dell’Azienda sono stati chiamati in audizione in commissione Antimafia per spiegare i motivi della decisione. “È stata sicuramente una decisione delicata” ha detto il direttore generale della tv pubblica Antonio Campo Dall’Orto. “Dopo un confronto con il direttore editoriale dell’informazione Rai Carlo Verdelli, lui ha ritenuto che fosse giornalisticamente difendibile e potesse contribuire ad aumentare il dibattito rispetto al racconto intorno alla mafia. Il mio compito non è essere censore né l’ultimo decisore di tutto, ma l’ultimo decisore solo quando serve”. E annuncia che dal primo settembre ci sarà una supervisione dei contenuti giornalistici: “Questa è una fase di transizione, prima abbiamo deciso di occuparci della informazione giornalistica in senso stretto, cioè delle testate, e poi dal primo settembre bisognerà riuscire ad avere una supervisione che lavori sui contenuti giornalistici ovunque essi siano. Da quel momento si dovrà decidere insieme”. Maggioni: “Intervista da mafioso”. La presidente Rai Monica Maggioni rivendica la posizione dell’azienda ma condanna le parole di Riina: “Nell’atteggiamento della Rai non c’è nessun tipo di negazionismo come dimostra la programmazione quotidiana da decenni. Poi però accade quello che è accaduto ieri”, ha risposto la presidente in commissione Antimafia.”Dobbiamo tenere conto del contesto e delle responsabilità del servizio pubblico. La ferita mafiosa” per l’Italia “non è il passato, è l’oggi, è il presente. E inoltre: nella nostra programmazione quotidiana la vittima e l’aguzzino non devono avere la stessa dignità di racconto”, ricorda Maggioni. E aggiunge: “Ci siamo posti il problema di un intervento a priori che avrebbe avuto le caratteristiche, per come era stato costruito, della censura. È difficile accettare e applicare la censura a qualcuno che ha una lunga storia professionale. Ma poteva anche avere un senso”. La presidente della Rai dice a proposito della trasmissione di ieri sera: “Quel racconto ha moltissime cose che lo rendono insopportabile. Prima di tutto non rinnegare il padre e dare dall’inizio alla fine un’intervista da mafioso. Quale è”.
Repubblica, 7 aprile
Riina jr a “Porta a Porta”, Freccero: «Vespa non ha sbagliato. Lo capisco, per noi la tv è come una droga» Il consigliere di amministrazione: io ho parlato con Bruno, se ne frega, è a fine carriera e lo sa
«Sa che su Vespa ho avuto un presentimento?
Quale?
«Io nel 2001 fui licenziato dalla Rai perché a Satyricon Daniele Luttazzi intervistò Marco Travaglio sul suo libro. Quando ho saputo che Bruno Vespa avrebbe ospitato il figlio di Riina con la sua autobiografia mi sono detto: ahia, questa è una roba pericolosissima. O perde il posto Bruno o ci rimette il direttore di Raiuno».
Per ora almeno sono al loro posto tutti e due.
«Eh, per ora. Ma temo che le quattro serate di Porta a Porta presto diventeranno una. O zero. Del resto è fatale».
Perché?
«È l’unico dei grandi rimasto in sella. Santoro è fuori, Costanzo fa poco, Minoli non è più in Rai. La fine di Vespa è fisiologica. Sa perché c’è tanto astio in tutti gli attacchi che gli sono arrivati su questa vicenda? I politici non sopportano che in tv ci sia qualcuno più forte di loro».
Secondo lei ha sbagliato a fare quell’intervista a Riina junior?
«Le rispondo in due tempi. Primo. L’ho vista, senza pensare al pubblico che a quell’ora è selezionato, informato. Ho analizzato l’effetto che faceva a me. Quello che parlava era un mafioso, che guardava le immagini delle stragi da estraneo, quasi schifato, come se vedesse un insetto. E mi ha fatto capire che la mafia esiste ancora».
Veniamo al secondo tempo.
«Bruno non ha sbagliato, l’ha fatto per la sua carriera, che vale più di tutto. E io lo capisco, avrei fatto lo stesso e l’ho fatto. Quell’intervista con Travaglio la tenni nascosta, quando scoppiò il casino io gongolavo».
Sapendo che ci avrebbe rimesso il posto?
«Sì. Siamo malati, la tv per noi, l’ho detto già altre volte, è come l’eroina, è una droga che ti dà tanto ma ti porta via l’anima, ti ruba tutto».
Vespa sembra uno più oculato.
«Guardi che io ci ho parlato. Spesso in pubblico gliene ho dette di tutti i colori, anche che è un servo di Renzi, ma poi in fondo io e lui ci stimiamo, ci rispettiamo. Mi ha confidato: “Carlo, io ho una carriera alle spalle”».
E quindi?
«E quindi significa che se ne frega. È a fine carriera e lo sa. Al capolinea. Se fosse stato giovane, quella puntata l’avrebbe cancellata, ora invece va a sbattere contro il muro a tutta velocità. Quelli come noi, arrivati ad un certo punto, provano una pulsione distruttiva, un cupio dissolvi».
E a che pro?
«Chi è vittima del suo narcisismo, pur di marcare il territorio è pronto anche a morire. Perlomeno chiude da eroe e non da servitore. Ci scriverà un libro. Anni e anni di tv, vedrà».
Oddio, alla commissione Antimafia non lo vedono proprio come un eroe, anzi. La senatrice del Pd Lucrezia Ricchiuti lo ha definito «il portavoce della mafia».
«Questo è ridicolo, è propaganda, è scempiaggine. Stanno fuori. Vespa è il potere dello Stato, ha sempre assecondato poteri e ministri, però la mafia proprio no. Sa che mi ricorda?
Cosa?
«Di quando Il Male scrisse in prima pagina che Ugo Tognazzi era il capo delle Brigate Rosse, ecco, stiamo lì».
Corriere della Sera, 8 aprile
All’attacco va Roberto Fico, parlamentare dei Cinque Stelle e presidente della Commissione di Vigilanza Rai: «Il Direttore Generale della Rai Campo dall’Orto ha autorizzato la presentazione del libro del figlio di Riina a “Porta a Porta” da Bruno Vespa? È stato autorizzato dal nuovo direttore di Rai 1 Andrea Fabiano? Chiederemo le richieste di autorizzazione. Tra poco affronteremo questo argomento in ufficio di Presidenza in commissione di Vigilanza Rai. Ci sono degli accordi tra la trasmissione di Vespa e la casa editrice del libro di Riina? Esigo trasparenza massima». Nel pomeriggio è arrivata anche la presa di posizione di Pier Luigi Bersani, ex segretario del Pd: avrebbe dovuto partecipare alla trasmissione di Vespa, ma ha fatto sapere che se fosse confermata la messa in onda dell’intervista al figlio di Totò Riina, rinuncerà a partecipare. «Apprendo costernata, considero incredibile la notizia: da 24 anni – ha dichiarato Maria Falcone, sorella del giudice ucciso da Cosa Nostra – mi impegno per portare ai ragazzi di tutta Italia i valori di legalità e giustizia per i quali mio fratello ha affrontato l’estremo sacrificio ed è indegna questa presenza in una emittente che dovrebbe fare servizio pubblico». «È vergognoso che il servizio pubblico della Rai dia spazio a queste persone – dice Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, il magistrato ucciso dalla mafia – così come è vergognoso che ci siano editori che fanno raccontare a questi personaggi un cumulo di falsità dove dipingono il padre come il più tenero dei padri e invece sappiamo tutti di cosa si tratta: si tratta di un assassino». In difesa del diritto di Vespa a mandare in onda l’intervista scendono in campo Forza Italia e Nuovo centrodestra. Per Daniela Santanché, «Rosy Bindi poteva francamente evitare di dare vita a giudizi e analisi senza senso. Occorrerebbe evitare di dare vita a giudizi preventivi e, soprattutto, bisognerebbe rispettare il lavoro dei giornalisti. A Vespa e alla sua squadra va il mio personale sostegno: vadano avanti e non tengano conto delle parole della Bindi». Fabrizio Cicchitto invece contesta l’accusa di negazionismo: «L’intervista non è una esaltazione ma anzi è uno strumento per approfondire l’analisi di un fenomeno vedendo dall’interno un’esperienza fondata sull’assassinio e sullo stragismo, quella dei Corleonesi che ha costituito una delle espressioni più cruente e più pericolose della criminalità organizzata che fortunatamente lo Stato ha sconfitto».
La Stampa, 8 aprile
Figlio Totò Riina a Porta a Porta, a viale Mazzini vertice d’emergenza, poi Campo Dall’Orto dà l’ok a Bruno Vespa
“Un’ intervista che non va mandata in onda” ha tuonato buona parte della politica, a cominciare dalla presidente della commissione Antimafia, Rosy Bindi. E anche il consigliere d’amministrazione Guelfo Guelfi, renziano, si è detto convinto che la faccenda avesse a che fare più con il “trash” che con il diritto di cronaca. Insomma, più con la vecchia Rai che con la quella che si sta costruendo. Eppure, alla fine la dirigenza di viale Mazzini ha deciso che la puntata di ‘Porta a Porta’ doveva andare regolarmente in onda. Con buona pace di Pier Luigi Bersani che, previsto come ospite nella prima parte, ha deciso di dare forfait. La scelta è maturata nel corso di una riunione a viale Mazzini tra lo stesso Campo Dall’Orto, il responsabile editoriale delle news, Carlo Verdelli, e il neo direttore di Rai Uno, Andrea Fabiano. Quest’ultimo, per il suo ruolo, era già a conoscenza e già aveva avallato la decisione di costruire siffatta puntata. Ma anche Verdelli – viene argomentato – avrebbe spiegato di aver visionato in precedenza la trasmissione e di aver ritenuto che fosse costruita in maniera giornalisticamente corretta. La polemica politica, che è arrivata a coinvolgere anche il presidente del Senato, Pietro Grasso, ha però costretto i più alti vertici di viale Mazzini a intervenire. Troppo fresca la memoria dell’affaire Casamonica quando due esponenti della famiglia furono invitati come ospiti nel salotto di quella che è stata ribattezzata come terza Camera, dopo lo scandalo dei faraonici funerali del boss. In quell’occasione, però, Campo Dall’Orto non aveva ancora i poteri di amministratore delegato che gli sono stati concessi dalla riforma, né esisteva un responsabile dell’informazione. Quello della mafia, peraltro, è tema fortemente sensibile anche per il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Durante la riunione ristretta a viale Mazzini, si è deciso dunque di visionare la parte della puntata già registrata per valutare l’opportunità o meno della messa in onda. E, alla fine, si è deciso che la trasmissione sarebbe stata costruita in maniera sufficientemente equilibrata. Ma, anche, che non fosse il caso di mettere in moto alcuna censura. Il senso della decisione, è dunque riassunto nella nota stampa con la quale la Rai conferma la messa in onda. Quella in cui si invita a evitare “polemiche preventive” su una puntata che “nessun italiano ha ancora visto” e si assicura che quella al figlio di Riina è una intervista “senza sconti”. Il suo, si sottolinea, è “un punto di vista sconcertante ma che si è ritenuto di portare a conoscenza dell’opinione pubblica perché sintomatico di una ‘mentalità mafiosa’ che è compito della cronaca registrare”. Non solo, perché il giorno successivo “per offrire un ulteriore punto di vista contrapposto” nel salotto di Vespa saranno ospitati, tra gli altri, il ministro dell’Interno Alfano e il presidente dell’Autorità anticorruzione, Raffaele Cantone. A ben vedere, la storia un po’ si ripete, visto che anche dopo l’affaire Casamonica, Rai Uno corse ai ripari con una sorta di puntata “riparatrice” di Porta a Porta che aveva come ospite Alfonso Sabelli. Non abbastanza per la politica, visto che la commissione di Vigilanza sulla Rai si appresterebbe ad adottare un atto di indirizzo sugli ospiti in trasmissioni come ‘Porta a Porta’. Bruno Vespa difende la sua scelta giornalistica. “Per combattere la mafia, che tuttora è potente e gode di protezione diffuse – dice in apertura di puntata – bisogna conoscerla”. Mentre l’editore del libro, Mario Tricarico, ci tiene a far sapere che il conduttore “non ha mandato preventivamente le domande, ma alla fine dell’intervista Salvo Riina ha preteso di guardare tutta l’intervista e di ascoltarla. Andava tutto bene e ha firmato la liberatoria”, “ad alcune domande non ha voluto rispondere, sarebbe stato meglio concordarle prima, ma Vespa non ha voluto”.
Huffington Post, 8 aprile
Grasso pone interrogativi pesanti alla RAI “Eludendo le domande su mafia, stragi, vittime, il figlio di Riina ha cercato di umanizzare la figura del padre e di banalizzare il male immenso della mafia. Che contributo ha dato per conoscere la mafia? Meritava davvero la ribalta della rete principale del servizio pubblico? La Rai ha sempre trattato con responsabilità e senso civico questi temi. Io stesso sono stato invitato tante volte a parlare di mafia e antimafia, mi stupisce un errore di questa portata”. Ancora: “ non si può banalizzare la mafia, non ci si deve prestare ad opere commerciali e culturali di questo tipo”. Dice no ad una puntata riparatoria che “metterebbe sullo stesso piano la mafia e lo Stato”. Anche se il conduttore dice di aver incalzato Riina con le domande evidentemente non è riuscito ad ottenere risposte che non fossero quelle prevedibili di un mafioso figlio di un mafioso, portatore di un codice di omertà che ha dato un’incredibile prova di forza, difendendo gli aspetti umani di quel padre che è e che deve passare alla storia come un mostro sanguinario”.
Repubblica, 8 aprile
Alla fine pagherà solo Bruno Vespa. Dal putiferio che si è scatenato dopo l’intervista a Salvo Riina i vertici della RAI usciranno sostanzialmente illesi. Non sarò così invece per il volto storico di RaiUno, il conduttore è coperto da un altro anno di contratto, Porta a Porta di certo non chiude, ma d’ora in avanti – riflettono nei piani alti di Viale Mazzini – Vespa non sarà più il giornalista simbolo della rete: non saranno affidati a lui gli speciali di RaiUno e non sarà lui ad occuparsi nemmeno delle serate elettorali. E a decidere la rottura sarà la stessa struttura che gli ha dato il permesso di andare in onda con l’intervista al figlio del boss.
Il Fatto Quotidiano, 8 aprile
Grande scandalo per l’intervista del giornalista Bruno Vespa, su Rai Uno, nella trasmissione Porta a Porta, del figlio del mafioso Toto’ Rina. E’ seguita la convocazione della presidente della Rai, Monica Maggioni, e del direttore generale, Antonio Campo Dall’Orto, da parte della Commissione parlamentare antimafia. Ci chiediamo: che c’azzecca la Commissione antimafia con una trasmissione televisiva dove si intervista il figlio di un mafioso? La Commissione antimafia ha ben altri compiti. Come dice il nome, si tratta di una commissione di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, istituita nel lontano 1962. Semmai, i dirigenti Rai dovevano essere convocati dalla Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, che ha proprio lo scopo di sorvegliare l’attività del servizio televisivo e radiofonico nazionale e pubblico italiano.
Come al solito si rincorre il facile consenso e relativa pubblicità.
Primo Mastrantoni, segretario Aduc
*a cura di Serena Tambone