Ted Sarandos, health chief content officer di Netflix, troche spiegò bene il business plan della società di streaming già nel 2013. Disse: «Il nostro obiettivo è di diventare la Hbo più rapidamente di quanto la Hbo diventerà noi». Ora Netflix ha oltre 75 milioni di abbonati nel mondo, mentre Hbo, la pay tv made in Usa, supera i 140 milioni.
Ma i ricavi di Netfilx nel 2015 hanno raggiunto quota 6,78 miliardi di dollari (un dollaro vale 0,90 euro), con Hbo ferma sotto i 5 mld. Netflix, tuttavia, rimane una società poco redditizia: anche nel 2015 il risultato operativo (ebit) è di appena 305 milioni di dollari (il 4,4% dei ricavi), mentre Hbo continua a viaggiare con un ebit sopra il 30%.
In sostanza, secondo molti analisti, il vero gioco di Netflix sarebbe quello di crescere, crescere, crescere, un po’ a prescindere: o diventa il più grande network al mondo, più grande anche di quelli della tv tradizionale, e spazza via tutta la concorrenza. O, cosa più probabile, qualche grande colosso, dopo aver mandato in avanscoperta la società di streaming per creare il mercato, decide di mettere mano al portafogli e di portarsi a casa Netflix. Ora, però, ci vogliono circa 40 miliardi di dollari, cifre da capogiro. Ma mettiamo un po’ in fila i potenziali acquirenti: si è parlato di Apple, per le sue operazioni di Apple tv. Ebbene, la società di Cupertino nel 2015 ha fatturato 233,7 miliardi di dollari, con un ebit pari a 53,4 miliardi. Vale, quindi, 34 volte Netflix e ha un ebit 178 volte quello del brand di streaming. Ma anche Google potrebbe essere interessato: 74,5 miliardi di ricavi nel 2015, con un ebit di 23,4 mld.
Rimanendo ai soggetti più direttamente coinvolti nel business televisivo, c’è Comcast, conglomerata delle tlc (che partecipa anche al capitale di Hulu, un diretto concorrente di Netflix), proprietaria di Nbc Universal. Il gruppo, nel 2015, vale 74,51 mld di dollari di fatturato e 16 mld di risultato operativo. Oppure Disney (anch’esso socio di Hulu), coi suoi 52,5 mld di ricavi 2015 e 14,7 mld di risultato operativo. O, ancora, 21st Century Fox (pure lui in Hulu), con 29 miliardi di ricavi 2015 e 8,3 mld di ebit. Nelle scorse settimane vi sono state indiscrezioni circa un interesse di Time Warner per Hulu. Il gruppo, che controlla Hbo, è quindi attento a potenziarsi nel comparto dello streaming online. E può contare su 28,1 mld di dollari di fatturato 2015, per 6,8 mld di ebit.
Volendo ben guardare, ci sono anche Viacom (quelli di Mtv, Nickelodeon, Paramount ecc.), con 13,2 mld di ricavi 2015 e un ebit di 3,1 mld, o Discovery, che ha una dimensione uguale a Netflix, con i suoi 6,4 miliardi di dollari di ricavi, ma una redditività molto più alta grazie ai 2,4 mld di oibda. Insomma, Netflix in poco tempo ha guadagnato rispetto e attenzione da parte dei colossi. Che, però, se avessero voglia, potrebbero unirsi per schiacciare il concorrente. O, più pacificamente, comprarselo. Perché il vero grande problema di Netflix sono i contenuti: per il momento la società è riuscita a reperirli dai vari produttori e broadcaster, che glieli hanno concessi, anche a basso prezzo, poiché lo streaming non era ancora considerato un vero e proprio concorrente della tv tradizionale. Ora, però, le cose potrebbero cambiare, e ciascun produttore o broadcaster potrebbe invece sviluppare proprie offerte autonome ed esclusive in streaming. Come, ad esempio, ha appena deciso di fare il colosso messicano Televisa, il più grande produttore mondiale di contenuti in lingua spagnola: entro fine anno tutto il suo catalogo verrà ritirato dalla offerta Netflix, e diventerà una esclusiva della piattaforma di streaming Blim, lanciata, appunto, da Televisa stesso. Un colpo molto duro per Netflix, poiché i contenuti di Televisa erano i più visti in Messico sulla piattaforma di streaming a pagamento. In altri mercati potrebbe accadere la stessa cosa.
Non è casuale che Netflix sia passato dai meno di 6 miliardi di dollari di costi per contenuti del 2012 agli oltre 10 mld del 2015. E nel 2016 vi sarà un ulteriore impulso nella produzione di contenuti originali, passando dai 3 mld di dollari investiti nel 2015 ai cinque del 2016 con oltre 30 serie più altri 30 prodotti per il pubblico kids. I manager della società sanno bene che dovranno alimentare sempre più in autonomia la piattaforma, con contenuti pregiati e propri. Ma non sarà facile. Costerà tantissimo. E potrebbe essere troppo anche per loro.
Claudio Plazzotta, Italia Oggi