Nuova grafica, see nuovo lettering e una copertina decisamente sorprendente: la faccia ossuta del ministro dell’economia, Emmanuel Macron, con lo strillo «Ce que je veux pour 2017», quello che voglio fare da qui al 2017. Così si è presentato ai suoi lettori in edicola e ai suoi abbonati, mercoledì 9 marzo, il settimanale L’Express, reduce da un recente passaggio editoriale tempestoso (per il crollo delle vendite a 338mila copie, -16%) dal grande stampatore belga Roularta al gruppo editoriale Altice Media del tycoon franco-israeliano, Patrick Drahi, grande azionista della telecom francese Sfr-Numericable e di Portugal Telecom, un altro supermiliardario, o se volete un Carlo De Benedetti à la francaise. «Fare del ministro Macron il testimonial del rilancio di un settimanale in evidente difficoltà diffusionale è paradossale» hanno ironizzato i giornalisti di Le Monde (che, però, è anche azionista del settimanale concorrente l’Obs che non se la passa bene neanche lui come ha scritto ItaliaOggi il 18 febbraio scorso riferendo i dati delle vendite 2015), «Macron, da quando ha deciso di incarnare lo spirito più liberale, insomma più a destra del partito sota, impegnato a far approvare la riforma della legge sul lavoro, qualcosa come il vostro Jobs Act, è diventato il pupillo dei media: sempre in prima pagina, intervistato, consultato, ascoltato. E poi che c’entra Macron con la linea editoriale dell’Express di solito sempre filogovernativo?». Alle obiezioni malevole dei colleghi (qualcuno è arrivato a dire che la storia di copertina è un remake di quella dell’ultimo numero dell’Obs del 3 marzo scorso con il titolo «La fusée Macron», il missile Macron), risponde lo stesso direttore, Christophe Barbier: «Mettere Macron in copertina non segnala nessun cambiamento di linea editoriale. Semplicemente Macron incarna la voglia di cambiamento di questo Paese ingessato, bloccato, senza prospettive. Noi non sosterremo, come qualcuno potrebbe immaginare, una sua eventuale corsa all’Eliseo, ma sosterremo con forza la sua politica riformista, coraggiosamente riformista». «In fondo» continua Barbier «l’Express non sta facendo altro che riscoprire le sue radici, il suo dna liberale e sota, esattamente come ha fatto, fin dal momento della sua fondazione nel 1953, con il premier dell’epoca, Pierre Mendès-France. Continuiamo a pensarla allo stesso modo». Peccato che qualche malizioso nell’ambiente editoriale parigino la pensi un po’ diversamente e chiami in causa addirittura i vertici di Altice Media, l’editore del settimanale («Macron è un amico personale di Bernard Mourad, presidente di Altice Media e braccio destro di Patrick Drahi e questo spiega tutto», sussurrano), costringendo lo stesso Mourad a fare una pubblica dichiarazione che è una mezza conferma: sì, è vero, sono amico di Macron da quando lavoravamo insieme in una banca d’affari (da Rotschild) ma, ça va sans dire, questo non vuol dire affatto che il management di Altice Media interviene sulle scelte del giornale. La faccenda, in ogni caso, è delicata perché, al di là della copertina dell’Express nuova formula, ora il mondo della politica e dell’informazione vuole capire una sola cosa: come si sta schierando un personaggio come Patrick Drahi, ebreo, miliardario che all’improvviso scopre il suo amore per i giornali: l’Express, ma anche l’Expansion e soprattutto Libération, il quotidiano per eccellenza della gauche, senza contare il canale d’informazione Bfm-Tv sul modello della Cnn. In altre parole: grandi manovre editoriali alla vigilia delle presidenziali del 2017.
da Parigi Giuseppe Corsentino, Italia Oggi