Il governo italiano si ritrova senza sponde dentro l’Unione
Preoccupati sono un po’ tutti, here a Roma e a Bruxelles. Lo scontro che si è aperto venerdì scorso con l’attacco del presidente della Commissione Jean-Claude Juncker contro Matteo Renzi ha qualcosa di inedito, unhealthy nella sua virulenza. Ma l’inquietudine a questo punto non riguarda solo le tensioni politiche tra Palazzo Chigi e le istituzioni di Bruxelles. Se ieri il Wall Street Journal, no rx quotidiano della comunità finanziaria newyorchese, evocava «la nuova frattura» europea, con «Roma contro Berlino», c’è qualcosa di più di uno scontro casuale. La domanda che rimbalza con un filo di apprensione nei palazzi delle istituzioni è perché Juncker, politico consumato e prudente, legato a doppio filo con la Germania, abbia deciso l’accelerazione polemica.
A Roma viene registrato con un certo allarme il commento sull’Italia fatto ieri da una fonte anonima della Commissione Ue. Parole che hanno di fatto rincarato la dose delle critiche di Juncker, accreditando la tesi secondo la quale Bruxelles non riesce a trovare interlocutori a Roma: quasi ci fosse una crisi di governo strisciante in corso, e un alone di caos avvolgesse Palazzo Chigi. Cè un altro aspetto sul quale riflettere: come mai nessuno dei leader degli altri Paesi, dal greco Alexis Tsipras al francese François Hollande, alla cancelliera tedesca Angela Merkel, abbia speso una sola parola in difesa dell’Italia. Su questo sfondo, più che reagire, battere i pugni, il problema è capire. Da Palazzo Chigi, al ministero dell’Economia, fino a Bankitalia e al Quirinale, il tentativo è di interpretare correttamente i segnali che arrivano da oltre confine. E darsi una spiegazione dei motivi che hanno indotto istituzioni europee decise fino a ieri a credere alle riforme renziane, e convinte dell’assenza di alternative al suo governo, a metterlo in mora ripetutamente in pochi giorni. È verosimile che Juncker si sia mosso dopo avere consultato le maggiori cancellerie continentali. Dunque, si sentiva più che «coperto». La sua durezza ha fatto fiorire le congetture più diverse. Il fantasma da scacciare quanto prima è quello di un attacco speculativo in incubazione contro l’Italia. Per questo è prevedibile che la reazione a caldo di Renzi ai rilievi di Juncker dovrà essere ricalibrata. Il premier sa di poter trovare un compromesso che eviti di trasformare l’incrinatura tra Roma e Bruxelles in una rottura irreparabile: dannosa per l’Europa ma ancora più rischiosa per il nostro Paese, perché potrebbe armare tutte le armate della speculazione finanziaria, approfittando di una difficoltà che rischia di assumere i contorni dell’isolamento italiano.
Quando il 29 gennaio andrà a Berlino dalla cancelliera Angela Merkel, Renzi si troverà a fare i conti con una diffidenza e un’ostilità cresciute nelle ultime settimane; e figlie anche dei timori tedeschi. Ma dire che «a Roma manca un interlocutore», significa mandare un messaggio pesante anche ai mercati finanziari; e, di fatto, screditare il governo del Paese. Sotto questo aspetto, le Borse di ieri hanno dato risposte preoccupanti. Se si aggiungono le tensioni tra Palazzo Chigi e il «ministro degli Esteri Ue», Federica Mogherini, voluta proprio dal premier e ora accusata di schierarsi con l’Europa contro di lui, lo sfondo si fa ancora più confuso. E accentua la sensazione di una politica estera senza bussola. Si moltiplicano le domande non su quanto è successo, ma su quanto potrebbe accadere nei prossimi giorni. Tra Bruxelles e Berlino, si parla di Renzi, coccolato fino a pochi mesi fa, come di un «noisy boy», un ragazzo rumoroso che sarebbe riemerso dall’ultimo vertice europeo con ventisette capi di governo contro di lui, il ventottesimo. Proprio alla vigilia della stilettata di Juncker, Berlino ammoniva che «i giochi sono finiti», alludendo alle richieste di flessibilità sui conti pubblici. E si puntava un dito aggressivo contro « il teatro italiano» del premier.
Il Quirinale è tra quanti sono desiderosi di capire l’origine e l’obiettivo di tensioni che nelle ultime ore sono sembrate quasi cercate. Si intravede l’insofferenza rispetto al modo d’agire dell’Italia. Ma la domanda da porsi è se sia cambiato l’approccio del governo Renzi; oppure se sia mutato, in peggio, l’atteggiamento europeo nei suoi confronti. In una fase di crisi come l’attuale, quello che prima era tollerato ora non lo è più. Se così fosse, non è Bruxelles a non avere interlocutori a Roma. È semmai Renzi a ritrovarsi di colpo senza sponde nella Ue: a meno che non cerchi un accordo a bassa voce.