Il forum del Wto ospita 2.500 leader politici ed economici: imponenti misure di sicurezza con oltre 3mila soldati. Il rischio di conflitti internazionali è “la più grande minaccia alla stabilità mondiale”
(di GIULIANO BALESTRERI, Repubblica)
MILANO – Tra terrorismo e congiuntura economica, il forum di Davos, organizzato dal World Trade Organization (Wto) dal 21 al 24 gennaio, si apre in un contesto difficile. I grandi della terra si riuniscono in Svizzera, mentre la Francia ancora si interroga sugli attentati di Parigi, in Nigeria proseguono i crimini di Boko Haram e in Ucraina la situazione tra Mosca e Kiev resta tesa: uno scenario che solo 12 mesi nessuno a Davos aveva ipotizzato, così come sembrava impossibile l’annessione della Crimea alla Russia.
Tutte le previsioni sbagliate di Davos
Sul fronte economico, il menù è ricco: la Svizzera ha appena sganciato il franco dall’euro, mentre la Bce si prepara al lancio di un quantitative easing sotto forma di acquisto di titoli di Stato da almeno 550 miliardi di euro. Sullo sfondo, però, c’è una ripresa economica che se in America è sostenuta, nel resto del mondo perde slancio. D’altra parte il crollo del prezzo del petrolio che nessuno dodici mesi aveva immaginato è più di una prova di quanto la situazione sia complicata.
A Davos, come ogni anno, si riuniranno 2.500 leader politici ed economici sotto lo sguardo vigile di 3mila soldati e un imprecisato numero di poliziotti che saranno mobilitati per garantire la sicurezza. Per gli addetti ai lavori, “il terrorismo e la geopolitica getteranno le loro ombre su questa edizione: sono una minaccia per la stabilità politica in Europa, in Medio Oriente e in Africa. Si parlerà molto di questo”, come ha spiegato all’Afp Nahriman Behravesh, capoeconomita dell’Ihs, tra i protagonisti della kermesse svizzera. Anche perché secondo un sondaggio condotto dall’organizzazione tra 900 esperti “il rischio di conflitti internazionali costituisce la più grande minaccia alla stabilità mondiale”, appena davanti ai rischi climatici.
Di certo il meeting annuale non serve a fare previsioni, che difficilmente vengono azzeccate, quanto a stringere alleanze e creare contatti. Così è ipotizzabile il presidente francese Francois Hollande parli a lungo con il premier italiano Matteo Renzi e il cancelliere tedesco Angela Merkel di euro e riforme strutturali, per trovare un’intesa tra il rigore dei conti e la flessibilità necessaria alla crescita. Con loro ci sarà anche il premier cinese Li Keqiang alle prese con una trasformazione epocale: Pechino vorrebbe completare la transizione da un’economia sostenuta quasi esclusivamente dalla domanda estera a una trainata dalla domanda interna.
Si parlerà sicuramente anche di terrorismo, magari con il capo dei curdi dell’Iraq, Massoud Barzani, il ministro degli esteri iraniano Mohammad Zarif, il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi e il segretario di Stato americano John Kerry. Ma ci saranno anche il presidente della Guinea Alpha Condé, il primo ministro turco Ahmet Davutoglu, mentre la Russia sarà in cima ai pensieri del presidente ucraino Petro Porochenko, proprio pochi giorni dopo che Mosca si è detta “estremamente preoccupata” per l’intensificarsi dei combattimenti nella regione orientale del Paese.
Sul fronte più prettamente economico non mancano gli argomenti: dal prezzo del petrolio a quello delle materie prime; dalle incertezze politiche legate alla Grecia in vista del voto di domenica 25 gennaio alle turbolenze monetarie; dai progressi tecnologici alla ripartizione delle ricchezze, con l’ultimo studio dell’Oxfam secondo cui il patrimonio dell’1% più ricco della popolazione supererà nel 2016 quello del restante 99%.
Tra gli imprenditori ci saranno il fondatore di Alibaba, Jack Ma, il numero uno di Total, Patrick Pouyanne, presidente di Gm, Mary Barra, quello di Yahoo, Marissa Mayer: tutti faranno da contorno alla sfilata di banchieri centrali e di economisti capeggiati dal direttore del Fmi, Christine Lagarde.