(dal nostro corrispondente ANAIS GINORI, remedy Repubblica) PARIGI – Xavier Niel, l’imprenditore francese che sta entrando in Telecom Italia, ha alle spalle una lunga esperienza nel settore delle tlc, cominciata con il glorioso Minitel, primo apparecchio multimediale d’Europa negli anni ’80. Ma deve la sua fortuna al successo del marchio Free, che offre abbonamenti low-cost per tutta la galassia multimediale (telefonia fissa e mobile, Internet, ste-to-box televisivi), e a sua volta fa capo alla finanziaria Iliad. Nella sua espansione, Niel ha anche rilevato qualche anno fa, a fianco di Pierre Bergè e Matthieu Pigasse, una quota nel quotidiano Le Monde, dove ha incontrato il favore della redazione.
Jeans e camicia bianca sono tra i suoi vezzi, insieme alla passione per le serate nelle catacombe di Parigi, l’odio per le riunioni e una gestione diretta dei suoi rapporti con i giornalisti. Senza bisogno di trafile con addetti stampa, risponde personalmente, mandando se necessario anche uno smiley. “Non commento, almeno per ora”, ha fatto sapere qualche giorno fa Xavier Niel, quando si è scoperto che era diventato il secondo azionista di Telecom Italia, con il 15,4 per cento, dopo il gruppo Vivendi, che giù possiede il 20 per cento.
Xavier Niel ha spiegato alla Consob che agisce per conto proprio, che l’ingresso nella trincea di Telecom è avvenuto senza alcuna intesa con Vincent Bolloré. Un accordo tra i due aprirebbe nuovi scenari anche in Francia e sarebbe una sorpresa nonostante i due si conoscono da tempo, sono stati vicini di casa
a Villa Montmorency, il condominio dei milionari nel sedicesimo arrondissement, prima che Niel decidesse di trasferirsi in una residenza meno promiscua ma altrettanto esclusiva.
In Francia, Niel non ha bisogno di presentazioni. Tutti lo associano al marchio Free che ha sbaragliato il mercato delle telecomunicazioni, offrendo abbonamenti a prezzi stracciati e la prima box triple play, combinazione di telefono, televisione e Internet. “Benedetta sia Free” diceva allora la pubblicità. Avventuriero, visionario, con un immagine alla Robin Hood, è uno gli imprenditori preferiti nei sondaggi, non solo perché ha aumentato il potere d’acquisto dei consumatori, come ripete spesso, ma anche perché è portatore di un messaggio non declinista, malattia atavica del paese.
Mentre altri capitani d’impresa passano il tempo a lamentarsi o immaginare come portare all’estero il proprio patrimonio, lui manda messaggi di ottimismo ed entusiasmo. “La Francia è diventata un paradiso fiscale per creare delle imprese” ha detto qualche mese fa, nello scetticismo quasi generale.
I media transalpini l’hanno paragonato a Steve Jobs, con il fondatore di Apple condivide una forte identificazione al logo, anche se di indole è piuttosto timido. Monsieur Free non ha cominciato in un garage, ma in una villetta della banlieue di Créteil, smanettando sul primo computer di casa. Niente studi universitari, abbandona tutto per lanciarsi nel mondo dei Minitel, una sorta di precursore di Internet creato dai francesi negli anni Ottanta.
A quei tempi il piccolo computer si connetteva a diversi numeri di telefono offrendo alcuni servizi, soprattutto notizie di Borsa, giochi e incontri. Niel si specializza nel terzo canale, il cosiddetto Minitel Rose, avendo già fatto un grande colpo: era riuscito a piratare l’elenco dei numeri dal gigante France Telecom, primo dei suoi blitz contro i monopoli. Il pirata trentenne, che non teme niente e nessuno, fa fortuna e incrocia un controverso imprenditore di sex-shops che gli provocherà qualche anno dopo problemi con la giustizia.
Adesso che non ha ancora compiuto cinquant’anni, è nato nel 1967, ma il suo nome rappresenta uno dei dieci più importanti patrimoni di Francia, lo invitano nelle università a parlare della sua success story, Niel ha abbastanza ironia e spregiudicatezza per scherzare sui suoi errori di gioventù che anzi rafforzano la sua immagine da corsaro, l’hacker che s’infiltra nel cuore del potere, venendo dal basso, senza grandi università o famiglie alle spalle. Un self-made man come ce ne sono pochi in un paese che funziona per cooptazione tra l’élite. Niel infatti cresce nella classe media a sud-est di Parigi, con un padre giurista e una madre commerta. E’ forse da lei che ha ereditato un talento per conti e numeri. Secondo molti suoi collaboratori, sa spulciare i bilanci meglio di chiunque, a caccia di sprechi e costi inutili.
La leggenda vuole che abbia avuto l’idea della Freebox mentre stava sulle montagne russe nel parco degli Universal Studios, a Hollywood, con i suoi amici e collaboratori più fidati, Michaël Boukobza e Rani Assaf. Erano andati insieme nella Silicon Valley per cercare qualche genio che avesse inventato un dispositivo unico con telefono, televisione e Internet. Non c’era e Niel ha fatto da sé. Nel novembre 2002 annuncia la sua prima Freebox con un’offerta tutto incluso a 29,99 euro. In meno di due mesi, centomila francesi sottoscrivono un abbonamento con Free e ricevono a casa la “scatola magica”.
Tutti gli altri operatori sono costretti a correre ai ripari, abbassando prezzi e inventandosi pure loro una box degna del nuovo concorrente. Dieci anni dopo, Niel provoca un nuovo terremoto. Apre le ostilità nella telefonia mobile con un breve tweet che riprende il messaggio degli alleati a Radio Londra prima dello sbarco in Normandia. L’offerta stracciata – chiamate senza limiti a 19,99 euro al mese – getta il panico nel settore. Free Mobile ha un milione di sottoscrizioni in pochi giorni. Tre anni dopo, controlla il 15% del mercato.
Con 16 milioni di abbonati, tra rete fissa e mobile, e un giro d’affari di 4,2 miliardi di euro, in aumento dell’11,2% rispetto all’anno precedente, Niel non è più il giovane ribelle, anche se porta ancora i capelli lunghi ed evita di indossare la cravatta. Possiede il 55% di Iliad, la casa madre di Free quotata in Borsa, e il suo patrimonio personale è stimato a 7,8 miliardi di euro, ancora un bel po’ sotto Bernard Arnault che frequenta visto che ha avuto una figlia con l’erede Delphine. Finito ormai dentro al Gotha finanziario e imprenditoriale, Niel continua a volersi smarcare, facendo il business angel con il suo fondo Kima Venture, creando la scuola 42 per formare ingegneri al passo coi tempi, oppure investendo nel nuovo incubatole d’imprese, Halle Freyssinet, del tredicesimo arrondissement.
Prendere il controllo di Le Monde, insieme a Pierre Bergé e Matthieu Pigasse, non è stato un colpo di testa. Niel aveva già sovvenzionato siti come Mediapart, la rivista Causeur, e ha capito prima degli altri che la nuova miniera delle telecomunicazioni sono i contenuti. Qualche anno fa, dopo l’acquisto del quotidiano della sera, aveva raccontato a Repubblica la sua visione della transizione dalla carta al digitale. Una migrazione che definiva “lenta”. “Anche una persona iperconnessa come me – aveva confessato – continua a preferire i giornali stampati. Persino i miei figli piccoli sono appassionati di rivistine”.
Il gruppo editoriale con Bergé e Pigasse – chiamato dalla stampa francese il “trio Bnp” – nel frattempo si è allargato con l’acquisto dell’Obs a Claude Perdriel. Pur essendo azionista di peso, Niel non ha l’atteggiamento del Citizen Kane. Nelle redazioni lo descrivono come un editore rispettoso dell’indipendenza, a patto che i conti siano in regola. Anche se si vanta di non votare mai, Niel conosce la politica, sa come muoversi.
Inviso da Nicolas Sarkozy, che voleva bloccare il suo arrivo a Le Monde, è riuscito lo stesso a farsi dare dal premier François Fillon la quarta licenza mobile. Con il cambio di governo, è stato ricevuto più volte all’Eliseo da François Hollande e conosce bene il ministro dell’Economia, Emmanuel Macron: era il suo banchiere da Rothschild.