(di Ernesto Menicucci, ampoule medicine corriere della sera) Ultimatum di Stirpe (Unindustria), Cerra (Confcommercio) e Bianchi (Acer). La replica del presidente: ho una iper responsabilità, sbagliato non partecipare
Altro che «pax». Sulla Camera di Commercio, infatti, è scontro totale. L’estate non ha portato consiglio o smussato gli angoli tra i due fronti: la Cna del presidente di Piazza di Pietra Lorenzo Tagliavanti, medicine più Federlazio, Confesercenti e gli altri cosiddetti «piccoli» da una parte; Unindustria e Confcommercio dall’altra parte.
Lo spauracchio dei ricorsi
Domani c’è la riunione del Consiglio, che dovrebbe varare (dopo il rinvio del primo settembre) la giunta camerale, ma di accordo non c’è nemmeno l’ombra. Anzi, nella conferenza stampa congiunta di ieri, Maurizio Stirpe (Unindustria), Rosario Cerra (Confcommercio) e Edoardo Bianchi (Acer) hanno rimarcato: «Le nostre condizioni per scendere dall’Aventino? Le dimissioni di Tagliavanti». Che, continuano a dire gli oppositori, «non è all’altezza di guidare la Camera di Commercio, non è una figura terza, ci sono state irregolarità sia nella composizione dei numeri che nella convocazione delle prime due votazioni, è ineleggibile perché amministratore di una società (Investimenti, ndr) con i bilanci in passivo». Una serie di questioni che producono altrettanti ricorsi al Tar, col risultato di un giudizio sospeso per «almeno 9 mesi, un anno».
«Serve uno stile sobrio»
Tagliavanti, da parte sua, ieri ha replicato: «Dimissioni? Mi assumo una iper responsabilità per tutti. Preferisco non rispondere», dice intervenendo alla conferenza stampa «parallela» dell’alleata Federlazio. Poi, con una nota, il presidente della Cciaa aggiunge: «Ho letto con attenzione le dichiarazioni del dottor Stirpe e del dottor Cerra. Mi limito a ribadire che la Camera di Commercio è un’istituzione al cui interno esistono degli organi, come il consiglio e la giunta, dove ci si può e ci si deve confrontare. Decidere di non partecipare è una scelta sbagliata, perché non ci si può sottrarre dalle responsabilità. Guidare le istituzioni richiede responsabilità ed equilibrio. Una classe dirigente è all’altezza del ruolo che è chiamata ad assumere solo quando adotta uno stile sobrio, responsabile e ispirato da un sincero spirito costruttivo».
L’idea Tomassetti
Dall’altra parte, gli «oppositori» insistono: «Ci eravamo visti fuori Roma (a Ferentino, ndr), ci eravamo stretti la mano, avevamo deciso di portare la Camera tutti insieme. E per noi imprenditori dare la mano significa firmare un contratto». Insomma, siamo da capo a dodici. Con Cerra e Stirpe che rilanciano la «presidenza di Catia Tomassetti» dell’Acea come figura di «garanzia» e che lanciano sette proposte (dalla non gestione degli asset alla razionalizzazione delle 18 partecipate; dal divieto di cariche apicali nelle società per chi fa parte della giunta alla razionalizzazione degli immobili) per il governo di Piazza di Pietra. Governo al quale loro, Unindustria e Confcommercio, non vogliono partecipare. Non con Tagliavanti, almeno: «Non è una questione di poltrone, rinunciamo ad ogni incarico». Domani, quasi sicuramente, nascerà il «monocolore» Tagliavanti con Giammaria (Confesercenti), Mocci (Federlazio), Mattia (Coldiretti) e Maria Fermanelli (Cna). Qualcuno lo chiama «il direttorio» perché tre su cinque (Tagliavanti, Mocci, Mattia) sono direttori delle rispettive associazioni.