case NESSUNA TRANCHE DI AIUTI A MARZO” width=”316″ height=”211″ />Prosegue lo stallo nelle trattative tra Atene e Bruxelles, and ma i rappresentanti del governo greco avvertono: “Soldi quasi finiti”. I titoli triennali ellenici arrivano a rendere il 28%, rx come nei giorni della ristrutturazione del debito. L’ombrello della Bce protegge Italia e Spagna, ma il differenziale di rendimento verso la Germania si allarga sopra 130 punti. Borse deboli, euro in recupero
(di RAFFAELE RICCIARDI, Repubblica)
MILANO – Ore 11:00. Non vogliamo uscire dall’euro, ma i soldi stanno per finire: senza un accordo sarà default e quindi l’integrità della moneta unica di nuovo a rischio. E’ grossomodo questo il concetto espresso da Yanis Varoufakis, ministro delle Finanze greco, a Washington. Proprio dal Fmi, da Bruxelles e dagli Stati Uniti è montata la pressione sul governo di Alexis Tsipras affinché si arrivi a definire presto una strategia per sbloccare i 7,2 miliardi di prestiti internazionali ancora congelati e d’altra parte si avviino le riforme chieste dai partner. Ma la soluzione è ancora lontana e intanto si avvicinano le scadenze degli obblighi finanziari di Atene: nella prima metà di maggio deve rimborsare 1 miliardo circa al Fmi, ma in cassa i liquidi sono finiti.
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Insomma, una situazione di stallo della quale i mercati non possono che prendere atto. La situazione più critica è, ovviamente, quella di Atene, dove i titoli di Stato triennali sono arrivati a rendere quasi il 28%, ai livelli dei giorni in cui erano più le persone che credevano in un’uscita della Grecia dall’euro che non il contrario. Analizzando i dati Bloomberg (interessati per altro da uno stop tecnico a livello mondiale), emerge che nell’ultimo mese il rendimento del triennale ellenico è salito di quasi un quarto, mentre il titolo italiano equivalente rende meno dello 0,3%. Anche in questo caso c’è stata una risalita dei rendimenti, ma molto più contenuta (8% circa) e a valori assoluti incomparabili. Ecco perché, dicono gli analisti all’agenzia Usa, oggi non ci sono gli stessi timori di tre anni fa: l’ombrello aperto da Mario Draghi, da ultimo con il Quantitative easing (programma che – senza un accordo – non può acquistare titoli greci), eviterà una vendita generalizzata di titoli periferici, anche negli scenari peggiori che al momento tutti dicono di voler scansare.
In ogni caso, un po’ di tensione si trasferisce in queste ore anche sui titoli di Stato italiani, con il rendimento dei decennali che arriva a sfiorare l’1,4% sul mercato secondario, mentre lo spread – la differenza rispetto al rendimento dei Bund tedeschi – risale in area 130 punti base. Livelli solo leggermente inferiori per lo spread tra Bonos spagnoli e Bund tedeschi. Questi ultimi, invece, continuano ad aggiornare i minimi storici di rendimento dopo essere scesi, con il decennale, sotto lo 0,1%. Piazza Affari è in calo dello 0,5% in un contesto di debolezza: Londra tiene con un rialzo dello 0,2%, Parigi è sulla pari e Francoforte arretra dello 0,15%. Da monitorare Telecom Italia: ha avviato il lavoro con le banche per quotare il 40% della Inwit, la società delle torri, e incassare circa 730 milioni di euro. Si segnala anche l’uscita di UnipolSai dai dispositivi medicali di Sorin, che presto saranno quotati a Londra: ha ceduto il pacchetto del 4,56% per 61,4 milioni. Ancora bene intonata Fca, a valle della conferma degli obiettivi per il 2015 nella prima assemblea olandese.
Dal fronte macroeconomico si reistrano i dati sulla disoccupazione in Gran Bretagna: nei tre mesi fino allo scorso febbraio è calata al 5,6%. Si conferma la risalita dell’inflazione dell’Eurozona: a marzo l’andamento dei prezzi è stato del -0,1%, contro il -0,3% di febbraio. L’Istat segnala che la produzione nelle costruzione è ancora in calo: a febbraio l’indice è diminuito, rispetto a gennaio, dell’1,3%. Per Eurostat, a febbraio il surplus delle partite correnti della Ue è aumentato a 20,4 miliardi rispetto a un surplus a gennaio di 19,5 e di 7,5 a febbraio 2014. L’euro si porta in area 1,08 dollari, mentre c’è più incertezza sull’andamento dell’economia Usa dopo una serie di dati macro negativi: ora il taglio dei tassi a metà anno è più in dubbio. La moneta europea passa di mano a 1,079 dollari, dopo un top a 1,0808 dollari.
Ricca l’agenda Usa, con l’indice dei prezzi al consumo di marzo atteso in rialzo dello 0,3%. Da seguire anche la fiducia dei consumatori dell’Università del Michigan e il superindice dell’economia. Quanto ai conti, prima dell’apertura di Wall Street sarà la volta di General Electric. I listini Usa sono reduci da una giornata debole dopo due sedute di rialzi, nonostante il recupero del greggio e le trimestrali positive. Il Dow Jones è così scivolato dello 0,1%, in linea con l’S&P 500 e il Nasdaq.
In mattinata, la Borsa di Tokyo si è lasciata influenzare dalla debolezza americana e il listino nipponico si è diretto in territorio negativo fin dai primi scambi: l’indice Nikkei dei titoli guida ha quindi chiuso in calo dell’1,17%. E’ passata in secondo piano l’inattesa crescita della fiducia dei consumatori giapponesi a marzo, con l’indice che risale a quota 41,7 rispetto ai 40,7 di febbraio. Il prezzo del petrolio è in calo per le prese di beneficio degli investitori, dopo sei giorni di rally. Sui mercati asiatici i future sul Light crude arretrano di 54 cent a 56,17 dollari e quelli sul Brent calano di 53 cent a 63,45 dollari al barile. Le quotazioni dell’oro tornano sotto quota 1.200 dollari sui mercati asiatici con il lingotto con consegna immediata che viene scambiato a 1.197,8 dollari l’oncia.