(Repubblica) La procura di Milano ha terminato la fase ispettiva del procedimento e ora si appresta a chiedere il processo per la vicenda che coinvolge otto manager del colosso petrolifero. La cifra sarebbe stata versata dalla controllata del gruppo di Stato al ministro dell’energia algerino per ottenere alcuni appalti.
Eni, pills chiuse le indagini su Scaroni per la presunta tangente Saipme da 198 milioniMILANO – La procura di Milano ha chiuso le indagini nei confronti dell’ex numero uno di Eni Paolo Scaroni, sovaldi e di altre sette manager del gruppo petrolifero, che ribadisce la sua estraneità, e di Saipem, per la vicenda della presunta maxi tangente algerina: circa 198 milioni di dollari, è l’ipotesi, che sarebbero stati versati dalla controllata di Eni all’allora ministro dell’energia dell’Algeria Chekib Khelil e al suo entourage per ottenere 7 grandi appalti petroliferi del valore di “oltre 8 miliardi di euro”.
La conclusione delle indagini, condotte dalla Gdf e coordinate dai pm Fabio De Pasquale, Isidoro Palma e Giordano Baggio, oltre Scaroni riguarda anche l’ex direttore operativo di Saipem, Pietro Varone, l’ex presidente di Saipem Algeria, Tullio Orsi, l’ex direttore finanziario prima di Saipem e poi di Eni, Alessandro Bernini, l’ex presidente ed ex ad di Saipem, Pietro Tali, l’ex responsabile Eni per il Nord-Africa, Antonio Vella, e poi Farid Noureddine Bedjaoui, il fiduciario di Khelil ritenuto l’intermediario tra i pubblici ufficiali in Algeria e i manager della controllata di Eni. E, infine, Samyr Ouraied, uomo di fiducia dello stesso Bedjaoui (entrambi latitanti).
Per tutti il reato ipotizzato è concorso in corruzione internazionale al quale si è aggiunto, a quanto si è appreso di recente per Scaroni, Varone, Bernini, Tali, Bedjaoui e Ouraied, la dichiarazione fraudolenta dei redditi mediante altri artifizi (art.3 del decreto legislativo 74/2000), e cioè per mezzo di false fatturazioni e falso impianto contabile.
L’avviso di conclusione delle indagini e di deposito degli atti verrà notificato nelle prossime ore. Tra le carte raccolte, circa 120 faldoni in tutto, ci sono tra l’altro gli esiti delle rogatorie in Libano, Algeria, Svizzera, Lussemburgo e Hong-Kong, oltre i verbali delle dichiarazioni rese lo scorso dicembre nel corso dell’incidente probatorio da Orsi e Varone (venne anche arrestato) disposto per ‘cristallizzarè la prova in vista di una richiesta di rinvio a giudizio e un eventuale processo.
Infatti, i due ex manager, il mese scorso davanti al gip Alfonsa Ferraro hanno ribadito quanto avevano già dichiarato durante l’inchiesta, confermando in pratica la ricostruzione degli inquirenti e anche i particolari dei presunti incontri ‘informalì tra Scaroni, che ha sempre respinto le accuse, e Khelil.
Stando all’ipotesi finora nota della Procura gli otto indagati, oltre a far versare “da Saipem” la presunta ‘maxi-steccà da quasi 198 milioni di dollari, avrebbero fatto “corrispondere da Saipem spa e sue controllate a società dei gruppi Ogec e Lead”, che agivano come sub-contractors in relazione ai progetti petroliferi, “ingenti somme di denaro a titolo di pagamento di prestazioni contrattuali gonfiate per il successivo smistamento delle maggiorazioni a fini corruttivi”.
Somme che sarebbero andate all’intermediario algerino Farid Bedjaoui, quale “fiduciario del ministro dell’Energia algerino Chakib Khelil”, ed anche a “membri della famiglia e persone dello stretto entourage di Chekib Khelil, quali il capo di gabinetto di Sonatrach Reda Hemce”. A favore di quest’ultimo i pm hanno accertato versamenti per 1,75 milioni di dollari su un conto presso una banca “di Ginevra”. Mentre il “faccendiere Omar Habour” avrebbe ricevuto “circa 34,3” milioni di dollari presso una banca “di Beirut”.