Il mondo dell’auto

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twingoQuesta twingo non sembra una twingo

La trazione posteriore, le quattro porte, thumb un look che rompe completamente col passato. La piccoletta della Renault seguita a chiamarsi Twingo, ma con la mini-monovolume che nel 1993 rivoluzionò la categoria delle citycar non ha niente a che vedere. Merito dell’unico dei quindici esponenti del team stilistico della casa francese che non ha obbedito a Laurens Van den Acker, almeno stando alle parole dello stesso capo del design della marca: «Avevo chiesto ai miei d’interpretare in chiave moderna la prima Twingo. Quattordici mi hanno detto retta, il quindicesimo no», ha raccontato a un mensile specializzato Van den Acker. Il “dissidente” s’è infatti ispirato alla mitica R5. Il risultato è un’auto dallo stile moderatamente aggressivo, con un posteriore ben piazzato, con le spalle larghe che davvero richiamano la R5 Turbo (la più cattiva) degli anni Ottanta.
Costruita sulla stesso pianale della nuova Smart, la Twingo 2014 non ha soltanto la trazione, dietro. Anche il motore è stato infatti piazzato nella coda, sotto il bagagliaio. A spingerla ci sono soltanto propulsori a tre cilindri. Curiosamente, le versioni più brillanti e costose sono quelle che montano il motore più piccolo, il nuovo 900 centimetri cubi che già equipaggia l’ultima Clio. Per chi la immagina nell’uso soprattutto cittadino, i 70 cavalli del “mille” aspirato sono sono più che sufficienti, anche se i 90 sprigionabili dal “900” turboalimentato rendono la macchinetta più veloce e soprattutto la dotano di uno spunto più brillante. Che sia fatta per la mobilità urbana lo conferma l’agilissimo sterzo, che consente inversioni a “U” in spazi davvero angusti, e di infilarsi nel garage con una sola manovra.
Rispetto alla seconda generazione della Twingo, la francesina prodotta a Novo Mesto, in Slovenia, è più corta e alta ma con un passo maggiorato, che sfiora i 2 metri e mezzo, misura che di solito si ritrova sulle vetture del segmento B (quello della Punto o della Polo). Un passo che le consente quindi una discreta abitabilità, considerando che la lunghezza totale è di 3,60 metri. L’andamento curvilineo del tetto non è l’ideale per far accomodare due passeggeri di alta statura nel divanetto della seconda fila. Per contro, chi si piazza davanti può star comodo nei due sedili anche nei viaggi lunghi. La posizione del motore ha ridotto la capacità di carico della stiva rispetto alla Twingo in commercio fino a poco tempo fa. Sacrificio ampiamente ripagato dal carattere sbarazzino, attraente fuori e allegro dentro, con la fodera del portaoggetti sulla destra che si può estrarre e diventa una borsa a tracolla in tessuto e lo spiritoso effetto del portaoggetti in plastica colorata a contrasto che sta davanti alla leva del cambio.

Suzuki ArìSuzukina mostra muscolini
Si chiama Arì (in giapponese vuol dire formica) ma è forte come un toro la serie speciale della Jimny, la fuoristrada tascabile evergreen della Suzuki. La prima Jimny vide la luce nel 1970 e montava un motore a due tempi. La Arì è equipaggiata con un 1.300 a benzina da 85 cavalli, tutto in alluminio e guidabile dai neo patentati. La giapponesina ha esibito i muscoli a Marina di Carrara, al 4×4 Fest, tirando per un centinaio di metri una bisarca da 20 tonnellate sulla quale erano state collocate altre otto Jimny. Ha dunque trainato un carico pari a trenta volte il suo peso. Oltre ai copriruota con l’ideogramma, si caratterizza per la nuova colorazione Cool Khaki Pearl e i fascioni laterali grigio scuro. Ha il controllo della stabilità e il sistema che controlla la pressione delle gomme. Costicchia: 18.910 euro. Ma la Jimny non ha mai puntato sul prezzo. E l’usato è sempre caro.

di Maurizio Maggi