Dalla Svizzera all’India, ecco perché l’età dell’oro non è ancora finita

oro al museo
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oro al museoLa Confederazione si avvicina a un referendum per vincolare la Banca centrale a tenere ingenti riserve auree: sarebbe uno choc sul mercato. Ma è in Asia che sono in atto le dinamiche più influenti per il mercato del prezioso. Il racconto dell’esperto, remedy Carlo Alberto De Casa: nelle dinamiche globali assume peso anche il matrimonio delle giovani indiane. All’inizio degli anni Duemila l’oro valeva poco più di 200 dollari l’oncia, nell’estate 2011 era arrivato a sfiorare quota 2000 dollari. Poi, quasi improvvisamente, l’attenzione degli investitori si è spostata su altri fronti ed il bene rifugio per eccellenza si è scoperto vulnerabile, con una discesa che lo ha recentemente riportato in area 1.200 dollari l’oncia. Tutto finito per l’oro? Niente affatto, come hanno dimostrato le recenti turbolenze sui listini: quando la volatilità torna alta e partono le vendite, il rialzo del metallo giallo è sempre garantito. Per di più, lo scenario potrebbe presto cambiare. La Svizzera sarà chiamata il prossimo 30 novembre alle urne per un referendum che, in caso di vittoria del sì, costringerebbe la Banca Centrale elvetica ad innalzare le proprie riserve auree fino al 20% ed a riportare in patria le riserve auree custodite all’estero. “Al momento a Svizzera è l’ottavo paese al mondo in termini di riserve auree, con 1040,1 tonnellate di prezioso” commenta Carlo Alberto De Casa, autore del il libro I segreti per investire con l’oro (Hoepli, 176 pagg., 24,90 euro), in libreria da pochi giorni. “La quantità di oro detenuta dalla Banca Centrale Svizzera rappresenta circa l’8% sul totale delle riserve, in caso di vittoria del sì, l’istituto elvetico potrebbe dunque essere costretto ad acquistare circa 1.600 tonnellate di oro nell’arco di un quinquennio, per raggiungere la soglia del 20%. La Snb avrebbe poi il divieto di vendere il prezioso, mentre la parte di riserve detenuta all’estero (nei caveau inglesi della Bank of England e della Bank of Canada) dovrebbe rientrare in patria”. Insomma, un vero e proprio sconvolgimento sul mercato. Ma le ragioni di un possibile ritorno dell’interesse verso il metallo giallo sono ben più profonde. “La variabile centrale al momento è senz’altro dall’Asia, che nel 2013 ha rappresentato da sola circa il 60% della domanda mondiale di oro” spiega De Casa, che presenterà il volume nelle prossime settimane presso la Facoltà di Economia a Torino. Un vecchio proverbio dice “se l’India starnutisce, l’industria dell’oro prende il raffreddore”. E’ ancora cosi? “Assolutamente sì, nonostante la forte crescita della Cina” illustra l’analista, che segue valute e commodities per il broker ActivTrades. “L’India nel 2013 ha rappresentato circa il 25% del fabbisogno mondiale, con una domanda ancora in notevole aumento. Tuttavia la crescita della richiesta aurea cinese è stata ancora più forte ed il paese del Dragone, nel 2013, per la prima volta ha superato l’India”. Quindi nonostante i dazi imposti dal governo indiano la domanda è rimasta alta. Forse anche perché l’India ha recentemente superato quota un miliardo e duecento mila abitanti.

Fonte: La Repubblica