
Un altro capitolo significativo si è concluso nella storia di Fiat. Oggi segna l’ultimo giorno delle azioni ordinarie di Fiat sul Mercato Telematico Azionario (MTA), Euronext France e Deutsche Börse. Da lunedì, Fiat Chrysler Automobiles (FCA) avrà ufficialmente una presenza a Wall Street e a Piazza Affari. Una lunga era si conclude, mentre ne inizia un’altra con interessanti premesse. Sergio Marchionne, amministratore delegato, lascerà la direzione del gruppo nel 2018.
Nel frattempo, il presidente John Elkann ha suggerito che la famiglia potrebbe considerare di ridurre la propria partecipazione in FCA se ciò fosse utile a rafforzare la compagnia. FCA si prepara a partecipare al processo di consolidamento dell’industria automobilistica globale, previsto nei prossimi 5-10 anni. Una razionalizzazione del settore risulta in effetti necessaria, in quanto in Europa persiste una significativa sovraccapacità produttiva.
Marchionne ha affermato: “C’è la possibilità che nasca un produttore più grande dell’attuale numero uno, Toyota. L’industria ne ha bisogno perché è ancora troppo frammentata rispetto al capitale da investire”. Tuttavia, non sarà il manager italo-canadese a redigere il prossimo piano industriale per il gruppo, che, grazie al suo operato, è passato da un conglomerato industriale e finanziario che comprendeva energia e assicurazioni a una realtà focalizzata sull’automotive.
Quando Marchionne ha assunto la leadership a Torino, General Motors preferiva sborsare oltre 1,5 miliardi di euro pur di rinunciare all’acquisto di Fiat Auto. I bilanci erano in rosso da quattro anni, con perdite accumulate di 8 miliardi di euro, nonostante il ridimensionamento del personale a 70.000 dipendenti in meno. Il titolo in borsa era crollato sotto i 5 euro, mentre le principali banche avevano avviato un prestito convertibile da 3 miliardi per garantire la sopravvivenza del Lingotto.
La svolta è avvenuta grazie all’acquisizione audace di Chrysler nel 2009. Questa mossa si è rivelata vincente: Fiat è tornata a far parte dei grandi nomi dell’automotive (ora è il settimo produttore al mondo), con sede legale in Olanda, sede fiscale a Londra, stabilimenti sparsi su tutti i continenti e ricavi che si avvicinano ai 90 miliardi di euro (86,8 miliardi nel 2013). Da lunedì, la quotazione a Wall Street sarà una realtà.
Oggi si è concluso il processo con l’approvazione da parte della Consob della pubblicazione del documento informativo per la quotazione delle azioni ordinarie di Fiat Chrysler Automobiles sul mercato telematico. Anche l’Autorità olandese per i mercati finanziari ha completato l’analisi del documento. Quest’ultimo sarà disponibile sul sito di Fiat il 12 ottobre e, una volta conclusa la fusione, anche sul sito di FCA. L’effetto della fusione si avrà il 12 ottobre e le azioni ordinarie di FCA inizieranno a essere negoziate lunedì 13 sul Nyse alle 9:30 ora locale di New York e alle 15:45 sul MTA, come comunicato da Borsa Italiana.
È possibile che Marchionne non abbia scelto il giorno più opportuno per il debutto a Wall Street, data la coincidenza con il Colombus Day, che vedrà chiusi i mercati obbligazionari americani e gli uffici pubblici. Tuttavia, Standard & Poor’s ha già chiarito che la quotazione a New York non influirà sul rating di Fiat (BB-).
Importante sarà comprendere quando Fiat potrà accedere alla liquidità di Chrysler. Attualmente si prevede di rifinanziare le obbligazioni Chrysler nel 2016, un’operazione che permetterà di accedere a tutta la liquidità disponibile, che a fine giugno era di 13,3 miliardi di dollari.
In attesa di valutare se Fiat deciderà di non collocare in borsa una parte significativa delle azioni derivanti dalla fusione in FCA, potrebbe vendere fino al 7,1% del capitale a Wall Street. Gli analisti sono convinti che il gruppo abbia bisogno di nuovo capitale. Alcuni suggeriscono che potrebbe raccogliere tra 1,5 e 2 miliardi di euro con la vendita di debito, azioni o una combinazione di entrambi entro la fine dell’anno. All’inizio dell’anno, Marchionne ha indicato che avrebbe considerato l’emissione di un prestito obbligazionario convertibile dopo la quotazione negli Stati Uniti, un’operazione che faciliterebbe l’accesso al mercato dei capitali. Una decisione al riguardo sarà presa dal consiglio di amministrazione il 29 ottobre, in occasione della sua prima riunione nei nuovi uffici di Londra.