Giannini si prepara à la guerre
Il giornalista: con la sondaggista di B. come Sandra e Raimondo
Ecumenico come non lo è mai stato: Massimo Giannini, ora che è diventato un volto televisivo di Rai 3, store si presenta a Viale Mazzini con il suo lato migliore, quello buonista. Come il Pd di una volta, quello targato Walter Veltroni. «Giovanni Floris è un amico e lo ringrazio perché è grazie a lui che esiste questo programma.
Poi, naturalmente, da domani “à la guerre comme à la guerre”», dice il nuovo conduttore di Ballarò, ogni martedì in prima serata, sostituendo Floris, traslocato su La7.
Si parte con uno show «top secret» di Roberto Benigni, un faccia a faccia con Romano Prodi e il sottosegretario Graziano Delrio. Novità del programma il contributo di Ilvo Diamanti, il sondaggio di Alessandra Ghisleri, sondaggista di fiducia di Berlusconi, «che creerà un corto circuito che mi diverte molto» ha detto Giannini, e la chiusura con la sitcom Il candidato, con un politico da ridere interpretato da Filippo Timi. Si pensa inoltre ad un avvicendamento di comici in ogni puntata: «Stiamo pensando alle migliori firme della satira», ha detto Giannini. E comunque con la Ghisleri «saremo come Sandra e Raimondo», evocando le storiche scenette della coppia Mondaini-Vianello (stavolta il direttore della rete, Andrea, non c’entra). Poi aggiunge, a proposito della sfida con La7: «Sono due campionati diversi, la Rai è impegnata in un altro campionato, quello della qualità. Non mi pongo obiettivi di share, anche perché sono convinto che se fai le cose con qualità alla fine i risultati arrivano». A Floris, che ha ammesso di ritenere soddisfacente un “pareggio” tra i due programmi, che esordiscono entrambi domani, risponde però il direttore di Raitre Andrea Vianello: «Non sarei contento di un pareggio», dice, pur ammettendo che «una stima è davvero difficile perché Ballarò non ha mai avuto un concorrente diretto e l’anno scorso era sceso dal 16% a poco più del 13%». Vianello smentisce inoltre che il programma quest’anno costi di più: «È falso. Ha lo stesso budget dell’anno scorso e dura anche di più, perché andrà avanti fino a mezzanotte».
Giannini, che oggi potrà contare per l’esordio sulla presenza di Roberto Benigni, ci tiene a precisare i contorni di un’altra polemica economica che ha preceduto l’inizio del programma: quella sul suo compenso che supererebbe abbondantemente la cifra del tetto imposto ai manager pubblici, a favore del quale l’ex vicedirettore di Repubblica si era espresso pubblicamente. «Io ho definito scandalosi certi superbonus concessi ai manager ma ho semplicemente detto che sarebbe bene ridimensionarli e ancorarli a obiettivi e risultati», puntualizza. Un lungo scambio di battute, velenose, tra Giannini e l’ormai ex collega del quotidiano fondato da Scalfari, Leandro Palestini, allieta la conferenza stampa. Giannini è convinto che le polemiche che hanno preceduto l’esordio del programma siano da addebitare in gran parte «semplicemente al fatto che io vengo da un giornale che divide». E quando a Giannini viene chiesto chi inviterebbe per primo tra Scalfari, Ezio Mauro, «il tedesco Giovanni Di Lorenzo» e Carlo De Benedetti, risponde di non averci mai pensato. Sì, Repubblica è già molto lontana.
La nuova edizione di Ballarò sarà sempre più aperta al mondo dei social network, utilizzando il web come strumento di dialogo con gli spettatori durante la visione dei programmi tv. Sia Twitter (@RaiBallaro) che Facebook (www.facebook.com/ballaro.rai) saranno fonte di notizie, domande e testimonianze che entreranno nelle dinamiche del dibattito. Sul sito del programma www.ballaro.rai.it, completamente rinnovato, saranno visibili le puntate in diretta streaming e, a poche ore dalla messa in onda, tutti i contenuti video e altre informazioni sul programma.
Stasera Eugenio Scalfari va da Floris
Da chi va Eugenio Scalfari? Da Giovanni Floris, mica da Massimo Giannini. Stasera primo appuntamento su La7 con diMartedì, il nuovo talk show di Floris. Prima puntata su Matteo Renzi, il programma dei mille giorni e le critiche dell’Europa. A parlarne in studio, il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, il presidente della regione Friuli-Venezia Giulia Debora Serracchiani (Pd), il senatore di Forza Italia Manuela Repetti, il presidente di Rcs Libri Paolo Mieli, il fondatore del movimento politico Italia Unica Corrado Passera, il presidente Bnl Luigi Abete e l’imprenditore Guido Martinetti. Il talk sarà aperto dalla copertina di Maurizio Crozza e arricchito da un faccia a faccia tra il presidente del Senato Pietro Grasso e il segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, e da un’intervista al giornalista e fondatore del quotidiano la Repubblica, Scalfari. In scaletta il sondaggio di Nando Pagnoncelli, dell’istituto Ipsos.
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«In Italia manca una tv di genere per costruire narrazioni con grandi dispositivi seriali», ha detto il direttore di Rai Fiction Tinni Andreatta in occasione dell’incontro «Piccolo grande schermo? Rapporto tra cinema e fiction» tenutosi ieri mattina nell’ambito del Roma Fiction Fest e al quale hanno partecipato diversi nomi del mondo televisivo e cinematografico tra i quali i registi Gianni Amelio e Francesca Comencini, e il direttore di Sky Cinema Nils Hartmann. Quest’ultimo in particolare ha sottolineato come occorra «smettere di guardare solo ed esclusivamente al modello americano, dal quale troppo spesso vengono presi spunti negativi. Noi come pay-tv abbiamo il problema di mantenere e conquistare gli abbonati e siamo riusciti a fare questo, negli ultimi anni, grazie a grandi serie italiane come Romanzo criminale e Gomorra». E ancora: «Il percorso del regista Stefano Sollima dimostra come il mondo del cinema e della fiction non solo non siano in contrasto, ma debbano collaborare per raggiungere grandi obiettivi».
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Una grande festa la sera precedente e poi l’inaugurazione istituzionale il 1° maggio 2015 alla presenza del presidente della Repubblica e altri capi di stato. Dovrebbero aprirsi così i sei mesi dell’Expo milanese, secondo quanto spiegato dall’ad della società e commissario unico, Giuseppe Sala: «La festa di apertura sarà la sera precedente, tendenzialmente televisiva e in prima serata. Nella mattinata successiva, invece, ci sarà l’apertura istituzionale».
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Oggi pomeriggio la commissione Trasporti di Montecitorio svolgerà l’audizione di rappresentanti del Coordinamento nazionale televisioni (Cnt- Terzo polo digitale), nell’ambito dell’indagine conoscitiva sul sistema dei servizi di media audiovisivi e radiofonici. L’appuntamento sarà trasmesso sulla webtv della camera.
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«La trasmissione Presa diretta di Riccardo Iacona sulla cannabis è stata una vergognosa operazione di faziosità, disinformazione, menzogne e tesi unilaterali a spese dei contribuenti. È intollerabile che la tv di stato si presti a queste operazioni sulla pelle delle vittime dirette e indirette delle tossicodipendenze», l’ha detto il senatore Carlo Giovanardi, sottolineando di aver «fatto verbalizzare al funzionario di turno» questa «protesta da girare al curatore della trasmissione» andata in onda domenica sera su Rai3, nonché al presidente e al direttore della Rai».
Tv gratuite, la tentazione di farsi pagare da Sky
Domani i tifosi della Roma abbonati a Sky si metteranno davanti alla tv alle ore 20,40, schiacceranno il tasto 105 per Roma-Cska Mosca, match di Champions in esclusiva assoluta su Canale 5. E non vedranno nulla. Solita questione dei diritti tv internazionali acquistati per il territorio italiano e che non si possono trasmettere su piattaforme satellitari con segnali, quindi, visibili anche all’estero. È un problema che si ripete sempre più spesso, e che va a intaccare la cosiddetta «esperienza Sky». Perché, come spiegano gli esperti, nel 2014 il vecchio concetto di pay tv è venuto un po’ a morire: prima c’erano solo sette canali free, e uno si abbonava alla tv a pagamento per avere molta più offerta, 100 e più canali. Oggi c’è sovrabbondanza di contenuti, si trova tanta roba ovunque, sul digitale terrestre o navigando su Internet. E quindi la pay tv è sostanzialmente un’esperienza: mi abbono, so che lì c’è tutto, al meglio. E stop.
In Italia, però, questo non avviene. Non ci sono rapporti tra gli editori di televisioni free e il principale operatore della pay tv, e cioè Sky. Ogni questione si potrebbe risolvere piuttosto semplicemente: io Mediaset, o Rai o La7, diramo un segnale satellitare criptato che è leggibile solo ai decoder Sky. In questo modo gli abbonati non vengono mai penalizzati e possono tranquillamente proseguire la loro «esperienza Sky» senza intoppi di sorta. C’è una logica di servizio, ancor prima che commerciale. Perché un abbonato Sky, oggi, si perde quasi tutti i canali del digitale terrestre. E pure se ha la digital key, non li può vedere in HD. Nel caso di Roma-Cska, per esempio, poiché la piattaforma a pagamento Mediaset Premium non ha i diritti (esclusivi di Canale 5) della partita, si è provveduto ad accendere Canale 5 in HD vicino ai canali di calcio dove, di solito, l’abbonato Premium vede la Champions. Ma in questo caso si gioca in casa, e tutto è più facile.
Il bello è che all’estero la faccenda è stata risolta da tempo. Negli Usa già dal lontano 1991. Con il cosiddetto equo compenso per i diritti di ritrasmissione, pagato da tutte le piattaforme a pagamento che, appunto, ritrasmettono contenuti della televisione gratuita. Nel 2013 i diritti di ritrasmissione hanno portato nelle casse delle tv free statunitensi circa 3,3 miliardi di dollari (2,54 mld di euro), consentendo loro di reinvestire questi soldi in produzioni di successo. Ma questi equi compensi sono anche in Europa: per esempio in Germania la tv gratuita trasmette alcuni contenuti. Ma se poi li vuoi vedere in HD, lo puoi fare solo sulle piattaforme a pagamento, che riconoscono un equo compenso alle tv free per questo servizio. Nei giorni scorsi il broadcaster inglese Itv, che già incassa una ottantina di milioni di euro all’anno dalle piattaforme pay per le ritrasmissioni di Itv 2-3-4, ha formalmente rinunciato ai fondi pubblici che incassava per Itv 1, chiedendo invece un equo compenso pure per questo canale alle pay tv di Sky e Virgin.
C’è, quindi, grande fermento nel mondo della televisione su questo tema, per fee che, alla fine, si collocano complessivamente tra l’1 e il 3% dei ricavi dell’operatore pay in questione.
Nel caso di Sky Italia, quindi, si tratterebbe di importi tra i 30 e i 70 milioni di euro all’anno. Per ritrasmettere tutti i contenuti dei canali di Mediaset, La7 o Discovery ecc., e per quelli della Rai non finanziati dal canone. E a Cologno Monzese e in Viale Mazzini, ovvero i due broadcaster con contenuti pregiati maggiori, i manager e i tecnici sono già al lavoro per preparare il dossier da spedire prossimamente a Sky.
Italia Oggi