Il tribunale di Torino – Quinta Sezione penale presidente Maria Iannibelli – ha condannato due coniugi egiziani emigrati in Italia nel 2015 per maltrattamenti nei confronti di 4 dei cinque figli minorenni all’epoca dei fatti. Il padre e la madre sono stati condannati a 3 anni e sei mesi. Dovranno.risarcire i quattro figli – parte civile- con 10 mila euro ciascuno.
Dal 2011 al 2015 tre sorelle e il fratellino sarebbero stati frustati con il filo elettrico sui palmi delle mani, legati a una sedia per punizione anche solo per un brutto voto a scuola, per un rientro in ritardo a casa. Il pm Dionigi Tibone aveva chiesto 5 anni per il padre “Violento e manesco” e tre anni e sei mesi per la madre definita dall’accusa “succube e istigatrice”.
Le accuse
Secondo la ricostruzione della procura i ragazzini erano costretti a frequentare controvoglia una scuola araba a Torino durante il weekend, dovevano svegliarsi all’alba per pregare, non potevano utilizzare Internet e Facebook. Le ragazze dovevano indossare il velo pur non condividendolo. E stare zitte altrimenti “la mamma lo avrebbe detto a papà e sarebbero state botte”.
Avanti cosi, per anni, tra silenzi e anime graffiate dalla violenza.
Fino a quando una di loro, a scuola, sviene una volta. E ricapita pochi giorni dopo. Viene ricoverata in ospedale e si sfoga con un’insegnante: “Piuttosto che tornare a casa preferisco morire” le dice. Era maggio 2015.
Scattano le indagini, gli assistenti sociali iniziano la complessa trafila che porta – stavolta in breve tempo – ad allontanare i ragazzi dal nucleo familiare con del Tribunale dei Minori.
Le cicatrici e le lesioni alle mani
Gli incidenti probatori a cui i quattro (allora) minorenni si sottopongono – assistiti dall’avvocato Emanuela Martini – squarciano il velo su quanto era rimasto sepolto dalla paura e dalla vergogna. Saltano fuori lesioni sulle mani e una cicatrice sulla schiena. Che rendono questa storia ancora più difficile da raccontare anche per un pm come Tibone che negli ultimi sette anni ha affrontato “almeno 500 casi di maltrattamento, ma pochissimi come questo” aveva detto in aula durante la requisitoria.
Giuseppe Legato, La Stampa